Risorgere
La recensione del libro di Paolo Pecere, Chiarelettere, 312 pp., 18 euro
Questa storia comincia con una ragazza, Gloria, che scompare mentre cerca suo padre, scomparso anche lui. E’ uno dei movimenti dei personaggi di questo romanzo affollato, e pieno di incroci, scontri, incontri: scomparire e riapparire, smaterializzati ma presenti, risorgere negli altri sotto forma di domanda, di ricerca, a volte di appetito.
Gloria sta camminando sull’Himalaya insieme a Marco, ripetendogli che deve dirgli una cosa, quando scivola in una gola, senza far rumore, senza riuscire neppure a gridare. Non grida neanche Marco, non ci riesce, né pensa d’averla perduta. Chen, il padre che Gloria avrebbe voluto incontrare e conoscere, era stato uno degli studenti di Piazza Tiananmen, e s’era però poi distaccato dalla militanza, andando per il mondo per trovarsi, capirsi, essere libero. E’ Marco che, cercando Gloria, trova le tracce di suo padre, e incontra Liang, l’uomo che ne è stato a lungo l’amante. Al pari di Marco e Gloria, che si sono incontrati a Berlino, Liang e Chen si sono conosciuti in transito, lontano da casa, nel pieno di una ridiscussione e ridefinizione di tutto, di una liberazione dalle cose in cui hanno creduto o ha creduto il mondo intorno a loro, obbligandoli a fare altrettanto. Liang è un poeta, e ha fatto il poeta sempre. Chen è stato, invece, moltissime cose, prima un militante, poi un avventuriero, poi un imprenditore, prima un ortodosso della rivoluzione, poi uno smidollato dello status quo. Marco e Gloria, per nascita uno occidentale e una orientale, per crescita cosmopoliti entrambi, si confrontano con la generazione che li ha preceduti e con cosa ha fatto di loro il credere, il combattere, l’agire per un sogno, e il mescolare il sogno con l’idea.
La generazione di Marco e Gloria è quella dilatata e incerta dei millennial, quella che ha avuto il mondo in tasca e ci si è persa dentro. Quella per la quale “il futuro non è più quello di una volta” e i cui genitori sono disincantati ma non pessimisti. Pecere fa due cose, nel suo libro che è un romanzo storico pieno di passato ma pure di futuro e presente: confronta due generazioni tra le quali non c’è stato alcun passaggio di testimone né di destino, e soprattutto racconta due mondi, l’Europa occidentale e la Cina, e cos’è successo quando due poli del mondo così diversi hanno tentato di diventare una famiglia allargata, senza riuscirci per via di una diffidenza di fondo ineliminabile e di un’arroganza culturale troppo forte. Pecere dice questo: non c’è incontro o ricongiungimento possibile se non si rinuncia a un pezzo di sé, se non si lascia che qualcosa scivoli via, se non si accetta di ritrovarsi non nell’ortodossia di un credo ma nella specifica singolarità delle cose. Niente ostacola il futuro come la violenza e l’ottusità dell’ideologia, anche quando è un’ideologia benintenzionata. Niente ostacola l’amore più delle identità immobili, radicate, che non cercano padri scomparsi e non rischiano di precipitare. Le due coppie cardine di questa storia differiscono in tutto meno che nella disponibilità che hanno, i loro componenti, di farsi raccontare, riscrivere dall’altro, e in quel racconto e in quella riscrittura ritrovarsi.
RISORGERE
Paolo Pecere
Chiarelettere, 312 pp., 18 euro
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