Cristianesimo e cultura classica
La recensione del libro di Charles Norris Cochrane, EDB, 686 pp., 38 euro
E’ tornato di recente in libreria il famoso lavoro di Charles Norris Cochrane, Cristianesimo e cultura classica, il cui tema centrale è, come suggerisce Vincenzo Cilento nell’Introduzione citando le parole dell’autore stesso, “la trasformazione del mondo di Augusto e di Virgilio in quello di Teodosio e di sant’Agostino”. Si trattò, come molti sostengono, della più grande rivoluzione spirituale, culturale e politica dell’intera storia dell’umanità, in grado di operare un cambiamento di così grande rilevanza che ancora oggi se ne vivono le conseguenze. Fu un mutamento, certo, che tuttavia assomigliò maggiormente a un’osmosi piuttosto che a una pura e semplice sostituzione. Non v’è dubbio che furono il cristianesimo e la cultura a esso ispirata ad affermarsi nei confronti di un mondo che stava sperimentando una decadenza inarrestabile, ma è altrettanto sicuro che la nuova civiltà cristiana nacque sull’humus della classicità e di esso si nutrì, assorbendone più di una componente. A questo riguardo, non si devono dimenticare le magistrali riflessioni contenute nell’enciclica Deus caritas est di Papa Benedetto XVI, dedicate a dimostrare che il concetto cristiano di amore come agape – asse portante di tutta la Rivelazione biblica – non annientò quello greco di amore come eros, ma lo recuperò, illuminandolo con la luce del Vangelo.
D’altro canto, è noto che rimase decisamente minoritaria la posizione estrema fatta propria da alcuni intellettuali cristiani, tra i quali spicca Tertulliano, il celebre scrittore cartaginese vissuto fra II e III secolo, secondo cui la nuova verità recata da Cristo avrebbe dovuto cancellare qualunque apporto proveniente della sapienza antica. Si affermò, invece, un atteggiamento saldo ma dialogante, sulla base del quale i cristiani fecero tesoro di ciò che apparve valido ai loro occhi e scartarono senza esitazione i messaggi che giudicarono incompatibili con l’annuncio evangelico, considerandoli espressione di un paganesimo irredimibile. Di tale decisivo snodo della storia occidentale a Cochrane interessa in modo del tutto particolare la dimensione politica e, all’interno di essa, il ruolo che i cristiani attribuirono al potere statale: “Lo stato – scrive egli a questo proposito –, ben lungi dall’essere lo strumento supremo dell’elevazione e dell’emancipazione umana, era per loro un sistema di vincoli che poteva essere giustificato al più come rimedio contro i peccati. Pensare diversamente era da essi considerato la più grossolana superstizione”. Dunque, anche per quanto concerne il piano politico, il cristianesimo operò un cambiamento decisivo, come afferma Cochrane: “La risposta va cercata nell’opera dei padri postniceni, soprattutto in Agostino: la città terrena può solo trovare una propria giustificazione provvisoria in funzione della città di Dio. La base di tale rivoluzione sta nella rivelazione del logos di Cristo, che si sostituisce come fondamento ai valori della polis greco-romana”.