Nella stanza di Emily

Gaia Montanaro

Recensione del libro di Benedetta Centovalli edito Mattioli 1885 (124 pp., 14 euro)

Emily Dickinson visse la sua intera vita in una tipica villetta americana ad Amherst, cittadina non troppo lontana da Boston. Da quel luogo protetto e rassicurante, la grande poetessa scrisse di sé e del mondo. Da un’angolatura precisa, personale e piena di senso, disse la sua verità “obliqua” su quello che accadeva e la trasformò in poesia. La sua stanza da letto era una finestra spalancata sul mondo benché, in senso stretto, la Dickinson il mondo esterno lo frequentasse ben poco. Ma l’intensità della sua scrittura, la sua capacità di vedere in profondità, di squarciare il velo delle cose, la rese una poetessa in grado di raccontare l’esistente, rimanendo seduta nella sua stanza, allo scrittoio di legno della sua camera con la tappezzeria a fiori. Benedetta Centovalli, editor e agente letterario, compie un viaggio fisico fino a quella stanza, alla stanza di Emily. E lo fa nel modo più bello e vero che le persone hanno di viaggiare ovvero portando dentro di sé una domanda, che diventa il viatico per incontrare davvero Emily. “Credo che ad Amherst ho cercato di capire se abitare quella parte dell’ombra dentro la letteratura che mi ero ritagliata nella mia vita editoriale era stata una buona ragione di esistenza. Lo era stata? Lo era ancora?”. La risposta viene cercata nei dettagli minimi della vita della poetessa, tra i versi di Emily, nel suo amore per le piante e per gli animali, nella compilazione di erbari, nella scrittura di innumerevoli lettere e poesie che la Dickinson, dopo un primo rifiuto, non tentò mai più di pubblicare. Ma la possibile risposta raccontata al lettore anche tramite l’osservazione delle fotografie della casa di Emily, immersa nel verde e con una torretta dalla quale filtra una luce diffusa che illuminava le sue giornate, solo apparentemente sempre uguali. Ciò che dava senso e varietà al trascorrere dei giorni era la scrittura, a volte nella sua forma più contemplativa, altre in forme più analitiche, descrittive ed epistolari. Scrivere come forma di possibilità, dove la vita è “allargare le mie piccole mani per accogliervi il Paradiso”. Ogni gesto quotidiano, come fare il pane o occuparsi del giardino, erano per Emily occasione di meraviglia e quindi potenziale innesco poetico. E Benedetta Centovalli ripercorre i passi della minuta vita della Dickinson, ne osserva gli orizzonti, ne racconta gli squarci. In un viaggio che è insieme personale e collettivo, letterario e poetico. E che la spinge fino alla soglia. “La soglia è la letteratura, la soglia è quel sì e quel no che la letteratura contiene, la sua obliquità, a cui Dickinson fa chiaro riferimento, la sua ambiguità, l’angolo da cui guardare le cose. La soglia è ciò che sono e ciò in cui mi riconosco”. La soglia è forse stare sempre sul limitare di una domanda, di una ricerca di senso, di un luogo che possa dirsi casa. “Ogni vita converge a qualche centro, dichiarato o taciuto; esiste in ogni cuore umano una mèta”. 

  

Nella stanza di Emily
Benedetta Centovalli
Mattioli 1885, 124 pp., 14 euro

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