Odissea americana
La recensione del libro di A .G. Lombardo, il Saggiatore, 299 pp., 21 euro
Perdere il passaporto era l’ultima delle mie preoccupazioni, perdere un taccuino era una catastrofe”. Scriveva così Bruce Chatwin ne Le vie dei Canti. La pensa sicuramente allo stesso modo Americo Monk, protagonista del romanzo d’esordio di A. G. Lombardo Graffiti Palace, pubblicato in Italia dal Saggiatore con il titolo di Odissea americana. Ambientato a Los Angeles durante i disordini di Watt del 1965, il libro di Lombardo può essere tranquillamente definito, come è stato scritto dal settimanale francese Les Inrockuptibles, la versione gangsta dell’Odissea di Omero. Americo Monk, nel ruolo di novello Ulisse, è un intellettuale borderline autoproclamatosi semiologo urbano; studia analiticamente le forme di espressione della comunità afroamericana di L.A. annotando graffiti e tag su un taccuino a spirale dal quale non si separa mai: “Il suo taccuino è come il libro nero di una spia, sarebbe un bel colpo per gli sbirri sulle tracce dei cangianti territori delle gang, delle loro temute alleanze, e un sacro graal per le gang, sempre in guerra costante tra loro”.
All’inizio della storia Monk si trova dall’altra parte della città, fermo davanti a un throw-up giallo disegnato su un muro di mattoni rossi, intento ad annotare le sue impressioni sul suo lacero quaderno blu pieno zeppo di scritte, note, diagrammi, firme di graffittari e bozzetti a china di opere di street art. Di colpo però scoppia la rivolta, “esplodono bottiglie, da qualche parte più avanti esplode un colpo di fucile”, il cielo di Los Angeles inizia a bruciare e per le strade iniziano a girare macchine della polizia che con un megafono sul tetto invitano i cittadini a non uscire dalle proprie case: “Coprifuoco d’emergenza in tutta la città, non uscite o sarete dichiarati in arresto”. Parte qui la sua personalissima odissea urbana che complicherà notevolmente il suo tentativo di ritorno a casa, dove ad attenderlo lo aspetta la bellissima Karmann, incinta di suo figlio, che contemporaneamente si trova a fronteggiare un gruppo di tossici, versione underground dei proci di Omero, che nel frattempo le hanno occupato i container, molto hippie, dove vive. Riuscirà quindi il nostro eroe a tornare dalla sua Penelope? Per farlo dovrà fare i conti con malavitosi cinesi mangiatori di loto, guru religiosi appartenenti a controverse sette islamiche, streghe vudù, bande di delinquenti messicani e giganteschi e ciclopici re delle fogne con un occhio bendato. Viaggio disperato e allucinatorio al termine della notte, Odissea Americana, tra fumi di hashish e resine, vinili di Miles Davis e bottiglie molotov, attinge a piene mani sia dai fuochi della mitologia greca sia dalle disturbate cronache dei nostri tempi ricordando per qualche verso “Giorni di fuoco” di Ryan Gattis, fornendo un affresco di tensioni sociali, razziali e culturali mai sopite che tra le pagine dell’opera esplodono in maniera dinamitarda e feroce.
Da leggere ascoltando in maniera alterna “Straight Outta Compton” degli Nwa o “Giant Step”s di John Coltrane.
A .G. Lombardo
il Saggiatore, 299 pp., 21 euro