Eraclito
La recensione del libro di Oswald Spengler (Book Time, 100 pp., 10 euro)
Nel 1904, il ventiquattrenne Oswald Spengler, che diverrà famoso per aver scritto la celebre e fortunata opera Il tramonto dell’occidente, si laurea in filosofia all’Università di Halle discutendo una tesi su Eraclito, l’antico pensatore greco, originario di Efeso, vissuto fra il VI e il V secolo a. C. A questo lavoro giovanile non arrise un grande successo, ma riletto alla luce degli sviluppi posteriori fatti registrare dalla speculazione di Spengler esso acquista un valore del tutto particolare e si presenta come il primo significativo mattone del suo intero edificio filosofico. Ciò emerge con chiarezza dal fatto che il pensatore tedesco manifesta immediatamente una straordinaria ammirazione per Eraclito, non nascondendo una viva sintonia teoretica che non verrà mai meno e che lascerà tracce significative lungo tutto il percorso intellettuale spengleriano. Agli occhi di Spengler, il filosofo di Efeso rappresenta “la vetta” della fase iniziale del pensiero greco, “lo spirito più profondo, ma anche il più versatile e completo” di quella ricca e luminosa stagione speculativa che siamo soliti denominare presocratica. Secondo il nostro autore, l’elemento più originale dell’eraclitismo, quello che ne fa un unicum nel panorama del suo tempo, è l’interpretazione energetica del cosmo. Mentre tutti gli altri filosofi presocratici dettero vita a sistemi alla cui base sta “il concetto di fondamento sostanziale”, Eraclito propose una nuova interpretazione dell’essere cosmico definita da Spengler “energetica”, ovvero “quella di un puro (immateriale) accadere conforme a leggi”. Il fulcro di tale interpretazione è costituito dal principio che, sinteticamente, è espresso dalla formula panta rhei, che descrive appunto l’idea di un puro divenire conforme a leggi. Il continuo fluire della cose, autentica cifra distintiva del pensiero eracliteo, porta con sé un sentimento tragico e agonico (competitivo) della realtà che caratterizza i frammenti, oracolari e spesso oscuri, del filosofo di Efeso. Sulla base di ciò, si comprende bene la predilezione spengleriana per Eraclito: l’inesausto scorrere delle cose non può che comportare un esito tragico, non può che avere come punto di arrivo il tramonto, quello che Spengler predisse per l’occidente e per l’intera storia dell’umanità. A giudizio del Nostro, la concezione eraclitea della realtà richiede coraggio e fierezza, costumi sani e valorosi, desiderio di lottare e di prevalere. Soltanto uomini elevati e nobili saranno capaci di affrontare la vita, mentre la massa non saprà reggere l’urto drammatico degli eventi. La consapevolezza dell’imminente declino e della sconfitta dei migliori dovette rattristare Eraclito, il quale, non per caso, è passato alla storia come il “filosofo piangente”: Spengler sottolinea questo elemento, non nascondendo la sua vicinanza spirituale al Maestro di Efeso, innamorato della gloria e costretto a vivere in una condizione di profonda amarezza che, secondo Teofrasto, lo condusse sull’orlo della pazzia.
Oswald Spengler
Eraclito
Book Time, 100 pp., 10 euro