La strettoia
Daron Acemoglu e James A. Robinson, il Saggiatore, 800 pp., 35 euro
Dopo il successo mondiale di Perché le nazioni falliscono, il duo Acemoglu&Robinson si cimenta con un’altra domanda-chiave per capire l’evoluzione della civiltà: perché “nella storia dell’umanità, la libertà è una cosa rara”? Perché è appunto una strettoia?
Per rispondere alla domanda, il libro parte dall’immagine canonica di Hobbes e spiega che si danno tre condizioni possibili della vita politica. La prima è il Leviatano inesistente, ovvero l’assenza dello stato; e dove manca un potere in grado di imporre una legge e farla rispettare, la libertà è impossibile, dalle guerre tribali dei popoli primitivi alla tragedia della Siria. Ma la libertà è impossibile anche nella condizione opposta, quella del Leviatano dispotico, lo stato onnipotente che abbiamo visto nella Germania hitleriana o nella Cina di Mao. L’alternativa dunque, la difficile strettoia, è il Leviatano incatenato: uno stato abbastanza forte da imporre la legge e farla rispettare accompagnato da una società civile altrettanto forte, in grado di impedire al potere di occupare tutti gli spazi della vita civile. Perché il potere, per sua natura, tende a espandersi: è inevitabile che chi governa voglia accrescere sempre più gli ambiti su cui si esercita la propria autorità. Per contrastare la spinta autoritaria del potere, un sistema di check and balance è la prima condizione, ma non basta. Perché, come insegna il mito di Gilgamesh, che si accorda col suo rivale Enkindu per spartirsi il potere, è facile che i diversi organi di uno stato, pensati per controllarsi a vicenda, finiscano invece per appoggiarsi. Perciò, l’elemento fondamentale perché nasca la libertà è la presenza di una società civile forte quanto lo stato: un’opinione pubblica, una stampa autonoma, associazioni di cittadini capaci di far sentire le proprie voci fino a condizionare le scelte della politica.
Questo bilanciamento fra stato e società si è realizzato di fatto quasi solo nei paesi dell’Europa centro-settentrionale e poi negli Stati Uniti. Come mai? E qui l’indagine storica porta a galla un dato interessantissimo: l’equilibrio fra potere e cittadini si è sviluppato nei primi secoli del Medioevo, grazie all’incontro fra l’amministrazione centralizzata dell’Impero romano e la tradizione di governo assembleare dei popoli germanici. Smentendo un mito che la storiografia ha ormai superato ma nei manuali scolastici sopravvive tenace, Acemoglu&Robinson mostrano infatti come la Magna Charta e i parlamenti che prendono forma nel XIII secolo sono tutt’altro che un’innovazione “moderna” che si oppone all’“assolutismo medievale”; al contrario, sono espressione di un equilibrio di poteri che nei secoli precedenti era la normalità. A conferma di quel che già aveva colto Montesquieu: “Leggendo il trattato di Tacito sui costumi dei germani, scopriamo che è da quel popolo che gli inglesi hanno preso l’idea del loro sistema di governo. Questo meraviglioso sistema è stato inventato per la prima volta in mezzo alle foreste”. (Roberto Persico)
Daron Acemoglu e James A. Robinson
il Saggiatore, 800 pp., 35 euro