Unità Covid - Riscoprirsi medici
La recensione del libro di Giorgio Bordin, Morellini Editore, 144 pp. 11,90 euro
Quanto ci siamo auto-ingannati, nei mesi scorsi, parlando di come avremmo raccontato l’epidemia, e chi avrebbe scritto il primo romanzo, la prima serie tv. Finora non s’è visto molto. Il grande romanzo, chissà, un giorno arriverà. Il motivo, forse, è che le prime parole vere non possono che essere di qualcuno che la tragedia del Covid ha vissuto molto da vicino, l’ha attraversata. E non da solo, ma in compagnia di chi ha com-patito con lui. Qualcuno che potesse insomma dire parole “così cariche di umanità e foriere di quelle lacrime buone che puliscono lo sguardo e permettono di guardare”, come scrive Edoardo Barbieri nella breve introduzione a questo piccolo libro, scritto dal vivo e in prima persona. Si intitola, semplicemente, Unità Covid - Riscoprirsi medici e lo ha scritto Giorgio Bordin, internista, immunologo e reumatologo che dal 2005 è direttore sanitario a Parma di Piccole Figlie Hospital, un ospedale privato accreditato sorto nel Dopoguerra per opera delle Piccole Figlie dei SS. Cuori di Gesù e di Maria (ah, il privato che va abolito… ha la sanità religiosa…). Parole scritte “per non perdere quello che questo periodo mi sta svelando, per non dissiparlo per disattenzione”. Non “dissipare”, verbo così essenziale che di solito riserviamo all’acqua o alla natura, ma mai agli esseri umani. A noi. Invece Bordin racconta di sé, di persone, di incontri. Ogni capitolo un nome, spesso di un anziano. La prima è Gabrielina, “ha 86 anni. Demenza tipo Alzheimer”. “‘Come va Gabrielina?’. Un attimo di esitazione: ‘Eh… solo tanta solitudine…’ Mi riprendo da un groppo in gola e le dico: ‘Dai, Gabrielina, non sei sola, ci sono io adesso!’. ‘No’”. Poi c’è Elidio: “79 anni. Demenza grave, da qualche anno oramai”. Gliel’hanno portato così: “Magro, cachettico, incartapecorito per la disidratazione profonda”. Da dove viene, non lo hanno accudito. Magari non c’era tempo. “Ha su una mascherina chirurgica, non ha più l’ossigeno da giorni perché non serve, satura bene in aria ambiente. Le mani contratte a spasimo, sembra un tronco di legno. Occhi serrati, non un gemito”. Ma è un malato. “Un gesto semplice, di nursing di base, per un verso, ma anche una delle opere di misericordia corporale, per un altro. Vediamo rifiorire un uomo. Anzi due: lui che si rianima e noi che ci sentiamo più vivi, più utili”. Bordin non fa l’apologia della bontà, riflette: “Se è ancora vivo è certo per la scienza”, dice. “Ma se sta morendo è per la mancanza di carità”. E poi le annotazioni cliniche, il disorientamento di quei giorni. La quotidianità come via maestra. Il tempo da trovare per telefonare ai familiari, ogni giorno: telefonare ai parenti è “tempo terapeutico”, altro che una cosa da delegare ai servizi sociali. E decidere di farlo – “decidere è un bel verbo” – decidere con medici e infermieri di essere lì, in mezzo. E’ una storia drammatica ma bella, quella del dottor Bordin: perché non si sottrae a nulla di umano: scienza, malattia, persone. E’ una storia bella anche la nascita di questo piccolo volume, edito da Morellini Editore. Tramite una studentessa, il manoscritto è arrivato ai docenti dei master Professione Editoria e BookTelling della Cattolica, dove insegna il professor Barbieri. Trovare, assieme agli studenti, il modo per trasformarlo in libro, trovare l’editore e persino le strategie per promuoverlo è stata una “decisione” di bene. Per non dissipare.
Unità Covid - Riscoprirsi medici
Giorgio Bordin
Morellini Editore, 144 pp. 11,90 euro
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