Charles Baudelaire intimo
la recensione del libro di Nadar, MC, 126 pp., 13,50 euro
Nadar è un celebre pioniere della fotografia, meno noti sono gli altri suoi talenti. Eppure disegnava caricature strepitose, ma era anche un buon giornalista e romanziere. Il suo ritratto di Charles Baudelaire dimostra il suo genio multiforme. Innanzitutto, non gli è mancato il materiale su cui scrivere: Nadar e Baudelaire frequentavano lo stesso giro di artisti parigini, pieni di talento e scevri da pregiudizi, negli anni Quaranta dell’Ottocento, quando Parigi era il centro del mondo. Il libro raccoglie pennellate di incontri pieni di motti di spirito e situazioni improbabili. Pennellate e non descrizioni appunto, perché Nadar, per quanto sia penna di prosa, di prosaico ha niente: inanella una serie di scene che sembrano incastonate in un atelier d’artista, in cui le persone diventano bozzetti impressionisti, istantanee scattate in un momento di distrazione dei soggetti. Tutti, fuorché il protagonista: Baudelaire giganteggia, più per destino che per volontà dell’autore. Emerge dalle vie parigine come un lume che risplenda di luce propria nel buio. Con quei suoi occhi scuri che sembravano “gocce di caffè”, il bavero alzato, le mani curatissime, talvolta coperte da vezzosi guanti rosa, la mania per la stravaganza a ogni costo e il vezzo di abbigliarsi sempre come se ogni uscita fosse su un palcoscenico. Ma fosse solo per le stranezze del grande poeta, saremmo ancora nell’alveo della banalità. E invece no, perché Nadar dell’autore dei Fiori del male coglie l’anima con abilità di psicologo, o forse di veggente. Oltreché per la genialità, Baudelaire è passato alla storia per gli eccessi, per la morte prematura dovuta forse alle conseguenze di una malattia venerea, eppure Nadar lo chiama “poeta vergine”. Ritrovava infatti in lui una vocazione sacerdotale alla parola, un’inclinazione al distacco dal resto dell’umanità. E ancora, un senso estetico esasperato, da dandy, che lo portò a scialacquare in fretta il patrimonio paterno e a trovarsi messo sotto tutela da madre e patrigno, perché non facesse altri danni. Ma se un poeta non è eccentrico, che poeta è? Questo lascia intendere Nadar, per il quale Baudelaire non poté vivere senza circondarsi di profumi, incensi, opere d’arte, interni pieni di esotismo mai a buon prezzo. E di ore speciali, perché non avrebbe mai mancato di “parlare con un pubblico inesistente o con chi non lo capisce affatto”. Era un ingenuo, come molti grandi, sempre un po’ fuori misura ovunque si trovasse e perfettamente consapevole della sua diversità. Della straordinaria rassegna fanno parte anche alcune lettere che il poeta gli aveva indirizzato, in cui parla di arte, dei suoi progetti editoriali e anche di sé stesso: “Sono poco abituato alle tenerezze”, tanto per tornare di nuovo alla vocazione al sacerdozio delle lettere, più casto che eccessivo a quanto pare. C’è infine la sua morte, con Nadar presente a raccoglierne le ultime parole. Non furono una preghiera, né una benedizione. Ma da lui non avremmo potuto aspettarci altro.
Nadar
MC, 126 pp., 13,50 euro
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