Devil Red
La recensione del libro di Joe R. Lansdale, Einaudi, 264 pp., 12 euro
“Tra un po’ ci toccherà torcere il polso a qualche bambinetto delle elementari per sapere chi ha fregato i soldi della merenda”. Hap non è felice di lavorare come investigatore privato sotto la direzione di Marvin Hansom, mentre Leonard è ben contento di sfondare le porte dei bulli che derubano le vecchiette, e spappolargli le mani. Ma quando i due si trovano a rispolverare il caso di due giovani assassinati mentre facevano jogging e ritrovati con le scarpe troppo pulite e il graffito di un demonio su un albero, le cose si complicano ulteriormente. Chesterton sosteneva che non è intellettualmente povero chi non abbia un pensiero a occuparlo mentre aspetta il treno, ma l’uomo sprovvisto di un pensiero da contrapporre a quel pensiero. Ed è proprio questo spazio tra due poli opposti quello che forse ci attira tanto nelle “strane coppie” dei gialli e polizieschi.
A riprova di quanto la narrativa investigativa possieda un fondamento filosofico (ogni grande detective ha anche uno sguardo sul mondo, da Maigret a Miss Marple a Montalbano) alcune delle opere più celebri e riuscite del genere hanno al proprio centro proprio una dialettica platonica. Holmes e Watson, Padre Brown e Flambeau, e Hap e Leonard, appunto: il bianco etero obiettore di coscienza, sempre preoccupato di raddrizzare il mondo (“Certo, volevo salvarla. D’altra parte volevo salvare tutti, io. Così come avrei voluto trovarmi altrove, essere tutt’altra persona, non aver fatto schifo in Algebra ai tempi del liceo”) e il nero veterano e gay, con una serafica propensione alla violenza e ai cappelli di pessimo gusto, compresa la berretta del modello supremo, il violinista di Baker Street: “– Fammi capire, a Halloween ti sei travestito da Sherlock Holmes? E perché l’hai tirato fuori, adesso? Halloween è passato da un pezzo. – Siamo sul terreno di caccia. La partita è aperta. – Leonard, non te ne andrai mica in giro con quel ridicolo cappellino? – Perché no? – Perché salti all’occhio come un cazzo ritto in un convento di suore”.
Le solite coppie di opposti, apollineo e dionisiaco, poliziotto buono e cattivo, spesso non bastano. C’è un quid che è solo loro, uno spirito che esprime più della mera somma delle parti. Nel caso dell’amato duo di Lansdale, è un mondo di biscotti e latte e scarafaggi nel cuore della notte, frequenti ‘fanculo, scazzottate con psicopatici, e il fiume carsico di un grande amore reciproco.
Anche nei suoi toni spesso leggeri da commedia, questa notevole creazione incarna ancora una volta quel genere così difficile a definirsi che è il noir. Come descriverlo? Forse ci si può limitare a sostenere che in esso domina, con dolente amarezza o umorismo altrettanto nero, quanto la vita spesso si riduca a miseria, violenza e compromesso, facendo spiccare per contrasto quello che invece dovrebbe essere, e forse continua segretamente a restare. Magari tornando di notte a seppellire un gatto che si era scorto abbandonato in un giardino lurido.
Joe R. Lansdale
Einaudi, 264 pp., 12 euro