Terra Alta
La recensione del libro di Javier Cercas, Guanda, 375 pp., 19 euro
Uno dei più celebri e acclarati scrittori spagnoli contemporanei si dà al noir. Dopo avere a lungo scavato nella duplice memoria storica del suo paese, e nel tragico passato-che-non-passa della guerra civile, Javier Cercas propone ora un poliziesco che presenta tutti gli ingredienti più classici del romanzo investigativo: un delitto efferato, un poliziotto giovane ma “duro” dal passato assai torbido, un’indagine condotta da funzionari-burocrati ansiosi solo di non sfigurare sulle reti televisive nazionali. A fare da sfondo a questo tipico intreccio è la Terra Alta, provincia meridionale della Catalogna, che ottant’anni prima fu teatro della celebre Battaglia dell’Ebro, la più importante e sanguinosa della guerra civile, decisiva per la vittoria finale del franchismo.
Oggi la Terra Alta è un’anonima e sonnacchiosa provincia iberica, un posto dove non succede mai niente, in cui l’intrepido protagonista Melchor è stato trasferito a scopo cautelare, per proteggerlo dalle eventuali vendette conseguenti a un suo eroico successo professionale. Qui il giovane poliziotto – autodidatta e figlio di una prostituta finita male – si sposa con una donna che ha 15 anni più di lui. I due hanno una figlia e decidono di chiamarla Cosette, come la bambina de I miserabili, il romanzo che ha fatto scoprire a Melchor il piacere della lettura.
In questo clima idilliaco, tuttavia, in Terra Alta “qualcosa” succede, eccome. La coppia di anziani più ricchi e in vista della provincia viene ritrovata trucidata e orrendamente mutilata, dopo lunghe e tremende torture.
“Due ammassi insanguinati di carne rossa e violacea sono uno di fronte all’altro, su un divano e una poltrona zuppi di un liquido grumoso – misto di sangue, viscere, cartilagini, pelle – che è schizzato anche sulle pareti, sul pavimento e persino sulla cappa del camino. Nell’aria aleggiano un violento odore di sangue, di carne tormentata e di supplizio, e una sensazione strana, come se quelle quattro pareti avessero preservato le urla del calvario cui hanno assistito; però, allo stesso tempo, Melchor crede di percepire nell’atmosfera della stanza un certo aroma di esultanza ed euforia, qualcosa che non ha parole per definire e, se le avesse, forse definirebbe come la scia festosa di un carnevale macabro, di un rito demenziale, di un gaudioso sacrificio umano”.
Anche la colf viene trovata uccisa, con un colpo di pistola, preciso, in mezzo alla fronte. Il delitto è opera di maniaci, di professionisti o di semplici rapinatori che hanno perso la testa? Tutto rimane avvolto nel più fitto mistero e il caso finirebbe irrisolto, se il nostro eroe non avesse il brutto vizio di essere più intelligente e ostinato degli altri, e di non arrendersi mai.
Nel romanzo che segna l’esordio di Cercas nella letteratura di genere, non manca nulla: sangue, violenza, morte, personaggi enigmatici, false piste e finale a sorpresa. Non mancano però neppure tenerezza, amicizia e amore, perché anche nel petto del più duro e introverso dei poliziotti, batte pur sempre il cuore di un uomo.
Javier Cercas
Guanda, 375 pp., 19 euro
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