Oggi è già domani
La recensione del libro di Jarett Kobek, Fazi, 582 pp., 18 euro
Bello avere diciotto anni, meno se si vive in “un paesello dimenticato da Dio e dagli uomini” nel Wisconsin dove non c’è nulla, se non le quasi settecento anime che lo abitano con i loro limiti e umori abituati a un quotidiano banale senza sogni e speranze. Figuriamoci, poi, se si è gay e di quel “mondo” – esistente, ovviamente, ma ancora troppo nascosto negli anni Ottanta – si sa poco o nulla. Scappare può essere la soluzione ed è quello che farà il protagonista di questo romanzo di Jarett Kobek che lo ha scritto dopo il successo internazionale ottenuto con Io odio Internet (Fazi 2018). Quel “giovane uomo” arriva nella Grande Mela dopo trentasei ore di autobus nel settembre del 1986 lasciandosi alle spalle “l’incombenza” – la definisce così-dei suoi genitori che si sono ammazzati a vicenda. Per dimenticare tutto e tutti e vivere, finalmente, l’assoluta e completa libertà di non avere legami umani, sarà pronto a tutto, persino a cambiare nome. Si farà chiamare Baby, andrà ad Alphabet City dove un lontano conoscente vive in un palazzo occupato, conoscerà una ragazza, Adeline, che salverà dal violento compagno spacciatore, andrà a vivere con lei nella camera dello studentato e nel giro di due anni si ritroverà a frequentare la New York University, un sogno inimmaginabile, intraprendendo così la carriera di scrittore. Nel mezzo, ci saranno botte, sangue, sesso omo ed etero, droghe, acidi, musica, film e tanti, tanti libri, ma soprattutto incontri inaspettati con scrittori cult, come Thomas M.Disch – che segue fino all’ingresso del suo appartamento di Union Square, lo stesso dove l’autore di Campo Archimede si toglierà la vita anni dopo – David Wojnarowicz e Bret Easton Ellis, a casa del quale si finiva spesso per caso “con tante persone che non sapevano manco chi fosse”. Sullo sfondo, a farla da protagonista è proprio New York con le sue luci che non si spengono mai, i suoi eccessi, i suoi amori, le delusioni e una malattia, l’Aids, che proprio in quegli anni comincerà a farsi sentire sempre di più. Baby e Adeline diventeranno quasi una cosa sola e scopriranno che sì, l’amore in effetti “è solo amicizia”, come disse Socrate e che “l’amicizia alimenta l’amore del bene”. Se si esagera, lo si fa per stare meglio, pensa lui che non aveva neanche mai provato la marijuana che in California, il posto da dove viene invece l’amica, “è un sacramento laico”, una specie di “interpunzione sociale”. Quando non c’è, ci pensa l’alcol che diventa un po’ per tutti una maniera per andare ben oltre il punto in cui le scortesie sociali possono ferire. Fuggire, fuggire, fuggire ancora per dimenticare il middle west è l’ossessione di Baby che lo fa per provare nuove esperienze e trovare se stesso a ogni costo. Ecco come funziona il mondo, affermerà a un certo punto di questo libro che brilla di luce propria: “The world is your snowball”, gli dirà una drag queen. “See how it grows”. Basta mettersi comodi.
Jarett Kobek
Fazi, 582 pp., 18 euro
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