Una fogliata di libri
Nel girone dei bestemmiatori
La recensione del libro di Alberto Prunetti, Laterza, 120 pp., 15 euro
Molti ambiscono a immettere la propria vicenda personale in mitologie facili, stereotipate e aspirazionali. Tutt’altra forza e verità si trova in chi riesce davvero a cogliere e narrare la stoffa epica dell’esistenza, far emergere nelle proprie situazioni particolari un ritmo che le comprende e le supera. Prunetti è uno di questi scrittori, per il quale sarei quasi tentato di riprendere (e forse alterare fuori contesto) l’intuizione di Bachtin per cui “la memoria e non la conoscenza è la facoltà e la forza creativa fondamentale della letteratura antica”: quando Renzi ospitava Recalcati alla Leopolda, lo scrittore maremmano twittò un “Tu contro i padri, noi contro i padroni” che era anche una dichiarazione di poetica. Lo attesta a sua volta questo divertente e intenso terzo tassello d’una trilogia incentrata sul padre Renato, operaio ucciso dall’amianto e novello Anchise col quale interpretare i segni del mondo e agire per cambiarlo: “Il mi’ babbo era fatto così. Gli bastava un cacciavite per ribaltare con un colpo di polso le storie che ci insegnavano a scuola”.
Persino la sua morte, come quella di tante vittime del lavoro, diventa una sorta di staffetta che conferisce diverso valore, conforto e responsabilità all’arrivo della propria stessa figlia: “Sei nata in un’esplosione di vita, ne avevi così tanta da urlarla fuori a pieni polmoni, per liberare le vie respiratorie dal muco. Quelle stesse vie respiratorie che i vecchi di Casale Monferrato dovevano aprire a colpi di cortisone”.
La prosa di Prunetti fa sorridere amaramente e commuovere e indignare nella stessa pagina, al pari degli spaghetti western che l’hanno sempre appassionato, e uno dei suoi leitmotiv è la consapevolezza che le generalizzazioni e le immedesimazioni facili sono solo distanze camuffate, coinvolgimenti e sottoscrizioni comodi. Questa volta per palesarlo il corpo a corpo dissacrante è proprio col poema epico-popolare per eccellenza, quello dantesco. “Nostra” vita un accidente, è molto diverso crescere a Follonica e Piombino o venirci d’estate, lavarsi le mani quando si entra o esce da un bagno pubblico.
Con un nuovo viaggio tra i gironi infernali, Prunetti sa immaginare l’eterno per raccontare il tempo, le gite alle tombe etrusche e le mangiate all’aperto, giornate e gesti da cui nascono parole come Ora lo sganghero o Brodo, sfottendo tutte le sclerotizzazioni che irrigidiscono e smussano ogni grande opera letteraria (con grande amore e profonda conoscenza della medesima, come in tutte le parodie e i ribaltamenti riusciti) e che non si è mai così vicini a qualcuno come quando sappiamo di non esserlo affatto: “Pensaci, gente come noi s’accendeva la sigaretta con l’elettrodo della saldatrice. Il foco del cerchio di Dante pole fa cacà addosso giusto quelli con le manine frolle. Come dice lui? “Piovean di foco dilatate falde”. Bravo palle, sette tuo, son qui che tremo. Oh, il fiorentino sbraita e promette la saetta di Giove. E noi condannati del lavoro, giù tutti a ride.”
Alberto Prunetti
Laterza, 120 pp., 15 euro
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