“Una donna nella notte polare”, scritto da Christiane Ritter alla fine degli anni Trenta, racconta il suo soggiorno di un anno nell’isola di Spitsbergen. Il rifugio, la capanna, il lockdown in uno spazio ristretto da cui guardare il mondo che c’è fuori
Una casetta che a starci a lungo è troppo piccola. E che a starci da soli è alienante. Ma non appena vi fa ritorno anche qualche altro convivente, ecco che subito lo spazio si sovraffolla. Il mondo che c’è fuori dalla casetta, anche se visto dalla finestra certe volte sembra molto attraente, fa un po’ paura perché vi si avverte una forza primigenia, che sfugge al controllo umano. E, in effetti, stare fuori dalla casetta può essere davvero molto pericoloso. E anche quando, avventurandosi all’esterno, la meraviglia si rinnova e anzi supera ogni aspettativa, bisogna però muoversi sempre con enorme circospezione.
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