Una fogliata di libri
Aldilà
La recensione del libro di Andrea Morstabilini (il Saggiatore, 302 pp., 20 euro)
Si può forse ridere quando si avverte la presenza di un fantasma? Come quando ci si libera d’una tensione a lungo repressa, o si riceve una buona notizia insperata? Andrea Morstabilini (che come editore e traduttore, assieme ad Andrea Gentile ha permesso al lettore italiano di conoscere grandi voci del weird contemporaneo come Ligotti o Emezi) in questo suo romanzo su uno scrittore che vorrebbe realizzare un horror e che l’orrore incontra effettivamente, risponde di sì. Echi e rimandi alle dimore stregate di Lovecraft, Poe, Hodgson (“Le case non nascono male, come i bambini. Cattive lo diventano”), al grano che fruscia e ride di King e agli spettri di Emily Wharton (quelli che spesso si riconoscono come fantasmi dopo che se ne sono andati) si fondono con l’Adda e le sue campagne punteggiate di “casali abbandonati, scuri contro il cielo che, più ci si allontanava dalla città, più diventava di un odioso bianco dilavato”, sedute medianiche, Madame Blavatsky e l’Unità d’Italia, una spirale dove ogni scoperta svela solo un altro strato di inquietudini che forse si perdono nel gorgo insensato della natura, dove tutto marcisce e rinasce indifferente. Come già si può capire da questi elementi, quello di Morstabilini è anche un horror sull’horror, una riflessione sul genere stesso concepito come una villa non dissimile dalla Diodati di Byron e Mary Shelley, e su come quello spazio grigio, più inquietante e doloroso del bianco o nero cui la nostra mente aspira costantemente, annaspando ansiosa, consenta di guardare in faccia alcuni nodi fondamentali della nostra esistenza personale e collettiva, la solitudine, la ferocia del desiderio, le responsabilità che si odiano, la vecchiaia senza amore, brevi nozze nell’oscurità che si passa tutta la vita a inseguire: “Senza un corpo da abbracciare nel buio, è facile sbagliarsi, e avere paura: la paura è un’acqua innaturale, che non si accontenta dei contenitori; li espande e tira e allarga a suo piacimento: fa così coi nostri cervelli, che a vederli sui tavoli anatomici non sembrano cose da molto. Sono frigoriferi piccoli e grigi in cui sta qualche pensiero e un paio di amori. Ma per la paura c’è sempre spazio”. Non ci sono certezze, neppure nell’aldilà di Tiresia o dei tavolini semoventi si possono strappare, perché “se gli spiriti esistono e, se esistono, ci parlano, non possono che mentire. E’ nella natura delle cose. Ogni volta che apriamo la bocca, diciamo una menzogna”. Eppure non possiamo farci niente: per quanto spaventoso o distruttivo, ogni morso di vampiro, ogni spettro che ritorna è in fondo il benvenuto. Questo perché tutti “ci illudiamo di non essere soli, ma i nostri corpi sono torri, e noi ci siamo chiusi dentro, senza trecce da gettare o principi da baciare” e i morti, per quanto forse bugiardi anche loro, paiono spezzare questo isolamento, e il nostro cuore si muove loro incontro come rispondendo ai versi di John Ashbery: le officine sono accese, lo scampanio vola alto. Seppur separati, siamo infine insieme.
Andrea Morstabilini
Aldilà
il Saggiatore, 302 pp., 20 euro
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