Una fogliata di libri
Da dove viene il vento
La recensione del libro di Mariolina Venezia (La nave di Teseo, 240 pp., 18 euro)
Il vento è una cosa importante per Mariolina Venezia. Per capirlo basta ricordare l’inizio del libro con cui vinse il Campiello, il meraviglioso Mille anni che sto qui, in cui tutto cominciava con un vento misterioso che a distanza di decenni sapeva far ridere e piangere nello stesso momento Gioia e le sue antenate. In questo romanzo uscito da poco per La nave di Teseo (fu pubblicato nel 2011 nei coralli Einaudi ma adesso torna in una veste nuova) è persino nel titolo: Da dove viene il vento. E in effetti è una domanda che almeno una volta nella vita ci saremo posti tutti, ma poi che risposta ci siamo dati? Qui, a rispondere o a tentare, sono sei personaggi, tra cui la stessa autrice, che nella Roma deserta del primo lockdown pensa agli altri cinque, ritrovati nei cassetti della memoria e tra vecchi appunti proprio grazie al tempo senza vento della pandemia. Ci sono due amanti, Dora e Salvatore. C’è un ragazzo berbero (amazigh) che arriva in Italia su un barcone dopo aver perso la moglie, e finisce a fare lo schiavo nei campi di pomodori in Puglia (per fortuna per poco, poi fugge): si chiama Idir, il nome d’arte del cantante algerino Hamid Cheriet, scomparso lo scorso maggio a Parigi. C’è Cristoforo Colombo, amico immaginario di un cosmonauta rimasto in orbita al dissolversi dell’Unione sovietica, che nessuno riporta a casa perché nessuno sa chi per quel rientro debba pagare. La loro paura e la loro speranza aprono un’infinità di porte. Questo, va detto, con Mariolina Venezia succede sempre: è una delle nostre più grandi scrittrici. Ha la capacità di far risuonare in ogni storia tante altre voci, e anche le nostre, come se sapesse maneggiare un vento caldo e notturno che tiene tutto insieme. E così, da lettori, si scopre con stupore che anche le storie che sembrava non avessero alcun collegamento in realtà hanno un legame che le tiene unite, magari per un punto minimo, successo tanti anni prima che i personaggi venissero al mondo e anche prima che fossero nate le loro madri. A tessere questa trama, che poi è la trama che lega tutta l’umanità, ovvero il caso, può essere un proiettile conficcato nella terra da un fucile nel 1920, entrato nei ricordi di un infermiere grazie al racconto del suocero, e da lì trasposto su Idir, e che grazie a Idir torna al punto di partenza: Dora. E da Dora tutto ricomincia, come il bambino che le cresce nella pancia, perché a ricominciare continuamente è il tempo nella sua spirale antica. E’ il nostro aver fatto parte dello stesso grumo di materia prima del Big Bang a renderci ancora, in qualche modo che si perde nell’universo, tutti collegati. Secondo i Chilam Balam, i libri di profezie del popolo maya, “il tempo si estende avanti e indietro, il passato e il futuro si mescolano e si confondono, gli eventi dell’uno e dell’altro coincidono formando un’unica storia, che si ripete. Il mondo, secondo i maya, era stato costruito cinque volte e distrutto quattro. E io mi chiedo, mentre la televisione trasmette notizie allarmanti sull’epidemia: anche il nostro mondo sta finendo?”, scrive Mariolina Venezia. Ma se davvero il mondo stesse per finire, che cosa vorremmo dire, e a chi? Forse questo: “Ti ritroverò in mille facce. Come in un treno che deraglia, l’amore mi spinge fuori dal tempo”. La risposta è sempre lì, perché è dall’amore che nasce il vento: i più fortunati sono quelli che lo sanno.
Mariolina Venezia
Da dove viene il vento
La nave di Teseo, 240 pp., 18 euro