"Tutte stupidaggini”, nient’altro che stupidaggini, così rispondeva Grazia Deledda a quanti le chiedessero “cosa stai scrivendo?”: “Stupidaggini”, appunto, come si trattasse di qualcosa di poco o nessun conto. Eppure lei, che quando vinse il Nobel fu descritta dalla stampa estera come una “donna dimessa, madre e casalinga poco sorridente”, in realtà modesta non lo era affatto, perfettamente cosciente della vocazione letteraria, delle possibilità che prendevano forma dal genio fantastico, romanzesco, accompagnato da una scrittura piena di “sgrammaticature”, certo, ma che non poteva fare a meno di rispecchiare una lingua che non è l’italiano ma “sa limba”, il sardo.
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