Quando parte alla volta di San Pietroburgo, nella tarda primavera del 1773, Denis Diderot è all’apice della fama. Superati gli scogli della – invero ben poco aggressiva – censura francese, l’Encyclopédie si è imposta in tutta Europa come la summa del nuovo sapere illuministico, e il suo creatore è osannato ovunque come il profeta della Ragione. Non meno celebrata è l’ospite che lo ha invitato, Caterina, zarina di tutte le Russie, che si è proposta di riformare il suo Impero secondo le dottrine che arrivano da Parigi. Tanto che un altro protagonista del tempo, Voltaire, ne tesse le lodi in termini iperbolici: “Noi siamo i missionari laici che predicano il culto di Santa Caterina, e ci vantiamo del fatto che la nostra Chiesa sia davvero universale”. Così, quando Diderot accetta l’invito di Caterina – e come poteva rifiutarlo, dopo che lei aveva acquistato per 15 mila franchi la sua biblioteca, naturalmente lasciandogliene l’uso fino alla morte, e anzi riconoscendogli uno stipendio di 3 mila franchi l’anno come “bibliotecario”? –, l’Europa dei Lumi saluta il viaggio come un evento messianico, l’incontro che porterà definitivamente la Ragione in Russia e la Russia in Europa.
La realtà dei fatti però è più prosaica. Diderot ha sessant’anni, è la prima volta che lascia Parigi, è divorato dalla nostalgia per la famiglia, patisce duramente i disagi del viaggio: quando arriva nella capitale russa, per una settimana deve restare a letto a smaltire acute coliche addominali. Dal canto suo, gli ideali di Caterina devono fare i conti con le concrete condizioni del suo regno. Tedesca di origine, salita al potere con un colpo di stato con cui si è sbarazzata dell’inetto marito Pietro III, la sua legittimità è sempre stata traballante, e non può inimicarsi troppo la potente aristocrazia russa. Così i suoi sogni, liberare i servi della gleba e dare alla Russia un governo rappresentativo, non vanno al di là delle enunciazioni di principio e di documenti avanzati ma sterili, come la “Grande istituzione”, che propone una riforma dello stato russo secondo le tesi di Montesquieu ma rimane di fatto lettera morta. In questo scenario, Caterina accoglie Diderot con tutti gli onori, e gli accorda l’inaudito privilegio di trascorrere con lei due ore ogni pomeriggio, quasi sempre senza testimoni. Il reciproco entusiasmo iniziale però poco a poco si raffredda; e pochi mesi più tardi Diderot prende la via del ritorno, profondamente deluso per aver scoperto che anche la grande Caterina, in fondo, non è altro che l’ennesima despota.
Robert Zaretsky, docente di Humanities a Houston con particolare inclinazione per la storia francese, ricostruisce il soggiorno di Diderot a San Pietroburgo partendo da testi, memorie, lettere dei due protagonisti e di tutti i personaggi di contorno. Il risultato è un’opera da cui emerge un momento significativo della storia culturale europea, ma soprattutto il ritratto di due esseri umani, con i loro sogni e le loro fatiche, i loro limiti e le loro grandezze.
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