Una fogliata di libri
L'acqua del lago non è mai dolce
La recensione del libro di Giulia Caminito, Bompiani, 304 pp., 18 euro
Questo romanzo parla di cose difficili da vedere, strazianti da ammettere. La povertà è quella più importante, il cuore, il motore immobile di una storia che corre veloce, va in molti posti ma non cambia, non sposta, non offre agnizioni, ribaltamenti, rivincite: va soltanto avanti nel tempo. E’ lo scandalo del nostro tempo di occasioni, inclusioni, mobilità: la povertà è diventata una condizione sempre più irreparabile e castale, e ce ne rendiamo conto sempre meno perché sembra vero il contrario, perché il capitalismo l’ha zuccherata, ha messo i viaggi in tasca a tutti. O almeno così ci sembra. Però i poveri senza zucchero, mai dolci come non è mai dolce l’acqua del lago che ha sempre un residuo di gorgo e fango, quei poveri irrimediabilmente poveri esistono e non hanno la casa, la tv, internet. Sono invisibili.
L’invisibilità è l’altro tema di questo romanzo complicato e sanguigno di Giulia Caminito, che è al suo terzo lavoro e per la terza volta conferma ciò in cui è più brava: a mettere occhi su tutto e a dare sguardo a tutti, e stavolta ha raccontato come vede il mondo chi non ha niente. Gaia, la protagonista, è così invisibile che il suo nome compare una volta sola, in calce a una lettera che scrive a un’amica che muore, alla fine della storia. E’ così invisibile che le sono familiari i posti che vede dal treno senza esserci stata. Sua madre Antonia combatte per la casa dall’inizio alla fine, non vince mai, nemmeno quando ha i requisiti, quando fa tutto per bene, e allora da Roma porta ad Anguillara tutta la famiglia, quattro figli e un marito che non può lavorare perché si è scassato le gambe cadendo mentre faceva il muratore in nero. Prima di finire tra i laghi, quelli dove d’estate “il tramonto è una tigre”, Antonia dice una cosa che fa capire Roma più di molte altre: noi non viviamo in periferia perché non abbiamo idea di come sia il centro, non abbiamo mai visto il Colosseo – per chi non vive a Roma si fa fatica a immaginarlo, ma è vero, è verissimo: questa è una città dove puoi vivere e morire senza aver mai messo piede a San Pietro, e la ragione è la sua concentricità, la sua spietatezza, il classismo che spaccia per autarchia. Gaia cresce, è adolescente nei primi anni del Duemila, niente la infervora, è testarda, non s’innamora, non prova piacere, il primo a chiederle cosa desidera è un ladruncolo che vuole retribuirla per le informazioni sulle case dei ricchi, case che Gaia frequenta perché studia tra i ricchi grazie ai sacrifici di Antonia, case che Gaia non desidera mai grazie alla durezza di Antonia. Sovietica, atemporale, piena d’amore. E’ anche un libro d’amore, questo. Dell’amore terrorizzato e duro che ama chi non ha niente e del mondo vede tutto proprio per questo.
L’acqua del lago non è mai dolce
Giulia Caminito
Bompiani, 304 pp., 18 euro
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