Una Fogliata di libri
Last taxi driver
La recensione del libro di Lee Durkee (Black Coffee, 304 pp., 18 euro)
Non è facile essere tristi, ma lo è ancora meno quando sembra che la vita ti abbia giocato un tiro mancino. Eri arrivato da qualche parte e all’improvviso vieni rispedito indietro, al buco dimenticato da tutto da cui provieni, e allora di chi è la colpa? Tua, del destino, o del delta del Mississippi? Sono vent’anni che Lou Bishoff non fa più lo scrittore: adesso è un tassista per la All Saints Taxi, e se ne va a zonzo su una Lincoln del ’95 che chiama “Vedova Nera” nei giorni in cui si sente come se l’avessero mangiato vivo. Il problema non è il lavoro in sé: lui ci sa fare, è bravo a scarrozzare da un punto all’altro di quel paesaggio dove “pare di essere agli antipodi di Oz” derelitti di vario genere, che sembrano figli psichedelici di Bukowski e della lucente corona d’angeli in cielo di cui scriveva Rick Moody (corona i cui angeli più luminosi sono quelli che hanno sprecato tutto nella vita).
Ci sono i pazienti trapiantati che vivono nelle roulotte, le vecchine, la gente pazza e i drogati di metanfetamine in fuga dai loro assassini, e tutti passano dal taxi di Lou, che li traghetta come un moderno Caronte. Si dice che a volte, quando Dio lassù finisce gli stampi con cui produrci, usi gli stessi stampi due, tre, anche quattro volte, per risparmiare denaro nella grande fabbrica di esistenze, e che l’unica cosa che devi sperare nella vita è di non incontrare mai il tuo doppio. E può darsi che uno ci riesca. Ci sono però delle persone, e i tassisti sono tra queste insieme ai preti e ai baristi, che, se il nostro doppio, triplo, quadruplo esiste, di sicuro se lo sono visto passare davanti: magari gli hanno dato da bere, o gli hanno fatto fare una corsa.
Senz’altro gliel’ha fatta fare Lou, il protagonista di Last taxi driver di Lee Durkee, appena uscito per Edizioni Black Coffee nella traduzione sfolgorante di Leonardo Taiuti (uno dei due editori). Un libro che è un romanzo autobiografico e anche un monologo in movimento, lanciato all’inseguimento di una lunga giornata nella vita di questo ex romanziere appassionato di ufo e di Shakespeare, e forse unico esempio al mondo di buddista disperato. “Quando fai il tassista mandi a fanculo il rosso del semaforo perché sai che non è davvero inanimato, ma proprio posseduto, c’è uno spirito maligno intrappolato in tutti i semafori del mondo”, ci spiega Lou. Il bello dei semafori, però, è che sono imprevedibili, perciò può anche capitare che il verde scatti quando meno te lo aspetti: magari con i libri pensavi di aver chiuso per sempre, invece il tuo doppio torna a prenderti e tu ricominci a fare lo scrittore. In fondo è solo un’altra grande corsa.
Last taxi driver
Lee Durkee
Black Coffee, 304 pp., 18 euro
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