Una Fogliata di libri

Un esperimento d'amore

Giorgio Mecca

La recensione del libro di Hilary Mantel (Fazi, 238 pp., 18 euro)

Hilary Mantel ha scritto di Anna Bolena, Enrico VIII, Marat e Robespierre, e la Rivoluzione francese ce l’ha fatta toccare con mano, comprese le piccolezze e le avidità, l’ironia che circonda le imprese degli uomini. Ma siccome non esistono soltanto regine e rivoluzionari e anzi, le persone comuni spesso sono più interessanti, la scrittrice inglese, due volte vincitrice del Man Booker Prize, il più prestigioso riconoscimento letterario inglese, questa volte si concentra su Carmel McBain e sull’infanzia delle bambine.

 

Carmel è figlia unica di genitori modesti ma con grandi speranze riposte nella prole, aspettative e delusioni comprese. Cresce in una simbiosi forzata con Karina, una sua compagna di scuola. “Le ragioni per cui andavo ogni giorno a scuola con Karina erano tre. La prima era che speravo, per quanto fossero strampalati i miei vestiti, che i suoi lo fossero ancora di più. La seconda era che mia madre mi obbligava. La terza, che volevo risarcirla”. Le bambine provano sentimenti semplici, è tutto puro l’affetto che provano, esattamente come l’odio, l’invidia, il rancore, la gelosia, la voglia di prendere tutti a calci. Karina e Carmel crescono, si fanno i dispetti, si vergognano di quanto sono capaci di essere perfide, le loro biografie si intrecciano “oltre la speranza di potere recidere il nodo”. Frequentano la scuola di un convento locale, il Santissimo Redentore; ogni tanto la madre le domanda come va a scuola e, con una punta di ansia e di avidità: “E Karina è più brava di te?”. Carmel per tutta l’infanzia, prima di andare a dormire, recita a memoria tabelline e preghiere, ma alle volte è talmente stanca che si confonde.

 

Trascorrono gli anni, la bambina diventa donna, mangia sempre meno, il suo corpo non ha odore e non ha sapore, le si possono contare le costole. “Sapevo che doveva venirmi il seno, ma speravo che non arrivasse troppo in fretta, perché allora avrei avuto bisogno di un reggiseno. E mia madre avrebbe detto, costa. Più piatto restava il mio petto, meno sarei costata”. Il corpo è un impaccio, un male necessario. A diciotto anni e un mese la ragazza, che ha lasciato la casa in cui è nata e si è trasferita nel collegio universitario, facendosi prendere dalla nostalgia, si chiede: “Diventerò più grande o me ne starò sempre seduta in questa stanza?”. Le sembra ogni volta, ogni giorno, di doversi preparare per la battaglia di Waterloo, con un fisico sempre più sottile e ricordi che riaffiorano all’improvviso. “Dicono che si è giovani una volta sola, ma non lo siamo a lungo? Più a lungo di quanto si riesca a sopportare?”.

 

Un esperimento d'amore
Hilary Mantel
Fazi, 238 pp., 18 euro

 

 

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