Una fogliata di libri

Scusate il disturbo

Gaia Montanaro

La recensione del libro di Richard Ford (Feltrinelli, 288 pp., 18 euro)

"C’era, bisogna ammetterlo, la vaga sensazione di essere un semplice spettatore della vita. Ma era l’America. Erano tutti spettatori. Nessuno, gli sembrava, era dentro fino al collo in qualche cosa”. Da una posizione defilata Mick Riordan, editor di origine irlandese arrivato a New York per lavoro, osserva la vita. Uno sguardo decentrato, laterale, da coprotagonista (persino nel suo racconto – Happy – dove si apprende della sua morte alla prima riga). E’ questa una delle caratteristiche che accomuna i personaggi dei nove racconti di Richard Ford, uno dei maestri del minimalismo americano che come pochi altri è capace di ritrarre la sua terra cogliendone l’essenza.

Racconta di uomini e donne appartenenti al ceto medio (molti avvocati e agenti immobiliari), spesso alle prese con relazioni più o meno felici, tutti sul crinale della vita che abitano con un misto di nostalgia e arrendevolezza. La casa, intesa come abitazione fisica ma anche come luogo della propria identità, è un altro elemento ricorrente. “Una casa deve significare qualcosa”. Occasione di incontro, di divisione, persino di morte. Come per Mae che si toglie la vita nell’abitazione di villeggiatura dopo aver lasciato un biglietto d’addio al marito Peter che recitava: “Meglio suicidarti in una casa non tua”. Pragmatismo americano. Lucido e preciso come la scrittura di Ford che si muove con dimestichezza nelle vite degli altri, avanti e indietro nel tempo, senza una parola di troppo. Si sofferma a raccontare la superficie delle cose e su questa superficie visibile si interroga. “La vita è superficie. Ora questo sembrava vero, verissimo”, è la conclusione a cui arriva Charlotte, agente immobiliare che sposa in seconde nozze (la sua “Seconda lingua” che dà il titolo al racconto) il vedovo Jonathan Bell. Johnny viveva “aspettandosi da Charlotte che creasse un senso di cosa significava essere sposati, cosa si provava, quale doveva esserne l’essenza. Forse lui non ne aveva le capacità, o era pigro, troppo preso da sé stesso e forse anche troppo vecchio”. Cerca un senso, forse anche un conforto per le proprie inadeguatezze affettive verso cui però è ineluttabilmente arreso. Ford racconta “quadri anonimi ma interpretabili”, vite comuni che subiscono uno spostamento, spesso ordinario e come tale riconoscibile, “stupido, ma sappiamo tutti che è possibile”.  Disturbi, guai, imprevisti che vengono fronteggiati quasi con distacco, forse figlio della coscienza che il grosso che si poteva fare si è fatto e non resta altro da dichiarare. 

 

Richard Ford
Scusate il disturbo
Feltrinelli, 288 pp., 18 euro

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