Una fogliata di libri
Carlo Scarpa. La casa sul Canal Grande
La recensione del libro curato da Roberta Martinis, Francesco Magnani, Traudy Pelzel (Electa Architettura, 101 pp., 32 euro)
Nel 1964 Loredana Balboni affida a Carlo Scarpa l’intervento su Ca’ Marioni-Mainella, una delle case di proprietà della famiglia, un edificio neorinascimentale progettato un secolo prima da Ludovico Caldorin. Il palazzo si trova sul Canal Grande, a Venezia. Loredana Balboni è la vedova del critico e regista veneziano Francesco Pasinetti, direttore del Centro sperimentale di cinematografia. Chi frequenti il Festival di Venezia sa che un premio e una sala sono a lui dedicate. Chi frequenti il suo salotto non si stupirebbe di trovarvi registi, artisti. E’ alla ricerca di un’abitazione che la rappresenti nell’ambiente sociale che frequenta. Affida nel 1962 all’architetto Paolo De Marzi il progetto di sistemazione del palazzo. Due anni dopo la scelta cade su Scarpa, all’epoca al massimo della sua fama. Impegnatissimo, si muove su diversi progetti. Il bel volume che teniamo tra le mani, Carlo Scarpa.
La casa sul Canal Grande, contiene tutta la documentazione del progetto, comprese le prime planimetrie di De Marzi, che prevedevano il collegamento tra piano terra e primo piano grazie a una scala a chiocciola. Un dossier rilevante. Comprende moltissime fotografie (magnifiche), schizzi, studi che ci permettono una comparazione tra l’edificio prima dell’intervento, l’intenzione dell’architetto, il risultato finale. Francesco Magnani e Traudy Pelzel si occupano nel loro testo della “restituzione” di Casa Balboni. Roberta Martinis espone con autorevolezza la storia dell’intervento, rimarcando l’estro di Scarpa, il suo essere costantemente eccentrico, “anticamente moderno”, come scrive l’Aretino a Giulio Romano.
Negli anni in cui Scarpa si dedica stancamente al progetto, capita un’inondazione (1966) che danneggia la pavimentazione del pian terreno, spazio di solito inutilizzato, ma che l’architetto vuole inglobare, per sfruttare i riverberi che giungono dal Canale. Pure gli stucchi sono deteriorati e Scarpa vi interviene inserendo un listello verticale in marmo di Lasa. Una specie di taglio che crea una tensione luminosa nello spazio. Sono solo alcune delle soluzioni che trovate tra le pagine del volume. Un piacere per gli occhi. Nel 1968 Scarpa abbandonerà il progetto. Resta la struggente corrispondenza con Loredana Balboni, che gli scriverà: “Lei è fatto per cose ben più grandi e io ho certamente avuto il torto di rivolgermi troppo in alto”. (Rinaldo Censi)
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