Una fogliata di libri
Utopisti e riformatori italiani
La recensione del libro di Delio Cantinori (Donzelli, 276pp., 28 euro)
Nel 1943, quattro anni dopo aver pubblicato il celebre lavoro sugli Eretici italiani del Cinquecento, Delio Cantimori (1902-1966) dette alle stampe un volume centrato ancora sulla figura e l’opera di intellettuali che potremmo definire “irregolari”, attivi tra la fine del XVIII secolo e la prima metà del XIX, denominati, fino dal titolo, utopisti e riformatori, ovvero personaggi “che comprarono col sangue il diritto di ragionare”, come scrisse Carlo Pisacane nel Saggio su la Rivoluzione, non casualmente citato da Cantimori nell’Introduzione. In verità, il famoso rivoluzionario si riferisce a personalità dell’epoca rinascimentale, ma – annota l’autore – egli estende la qualifica di riformatori a uomini la cui “vera importanza non consiste nei loro programmi di azione, di riforme, ma nella critica che attraverso tali programmi si faceva della situazione sociale esistente”, uomini dunque che per primi spostarono il problema politico sul piano sociale.
Meno noto e diffuso di quello sugli eretici del XVI secolo, il libro di Cantimori dedicato a utopisti e riformatori, non più ripubblicato dal 1943, è stato editato da poco a cura di Lucio Biasiori e Francesco Torchiani ed è arricchito da una Prefazione di Adriano Prosperi. Proprio nella Prefazione viene sottolineata una caratteristica peculiare degli studi cantimoriani, ovvero che essi hanno per oggetto uomini che auspicarono non soltanto una riforma della società, ma anche una trasformazione della religione: nell’ottica di Cantimori, ai fini della giusta comprensione di questi personaggi, la componente religiosa risulta non meno importante di quella socio-politica. Tale impostazione – affermano Biasiori e Torchiani – costituisce un fondamentale elemento di continuità che lega il volume sugli eretici a quello dedicato agli utopisti e ai riformatori. Il libro uscì nel 1943 anche per esigenze legate alla carriera universitaria dell’autore. L’Italia stava vivendo giorni particolarmente drammatici che, come ricorda Lucio Biasiori nell’Introduzione, segnarono in modo indelebile l’autore stesso. Non si può dimenticare infatti che Cantimori appartenne a quel gruppo di intellettuali che, dopo una convinta ed entusiastica adesione al fascismo, finirono col diventare comunisti. Non casualmente nel febbraio del 1945 il Nostro, che Giovanni Gentile avrebbe visto di buon occhio quale vicedirettore della Normale, riprese il suo insegnamento nella prestigiosa Università pisana tenendo un corso sul manifesto del Partito comunista.
Delio Cantinori
Utopisti e riformatori italiani
(Donzelli, 276pp., 28 euro)
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