Una fogliata di libri
Piovevano uccelli
La recensione del libro di Jocelyne Saucier (Iperborea, 252 pp., 16,50 euro)
Se non sapete nulla dei Grandi incendi che all’inizio del Novecento devastarono l’Ontario settentrionale, potreste addentrarvi nella foresta per andare a conoscere i tre vecchi speciali che lì si nascondono, e farveli raccontare. Loro sono Boychuck, Charlie e Tom, e tra gli alberi si sono presi una vita nuova fuggendo da malattie, alcolismo, spettri del passato. Un giorno, nel Ventunesimo secolo, arriva nella foresta una fotografa senza nome che sta cercando Boychuck per un’indagine su quelle tempeste di fuoco che molti anni prima gli uccisero genitori e fratelli, togliendogli la pace e ammantando la sua figura di un alone di leggenda. Era lui il ragazzo mezzo cieco che camminava tra le fiamme, il quattordicenne eroe innamorato di due gemelle, il sopravvissuto che vagò per sei giorni e fu avvistato in molte cittadine della regione mentre quelle piangevano i loro duecentoventitré morti? Era lui, ma la fotografa non fa in tempo a conoscerlo, perché a quel punto Boychuck se ne sta già sottoterra a sorridere al suo cadavere. Trova però gli amici di quella seconda vita, e più di trecento dipinti in cui l’ex ragazzo del fuoco ha raccontato la sua tragedia: sono quadri bui e geniali, e per interpretarli bisognerà aspettare che nel folto degli alberi approdi Marie-Desneige con la sua nuvola di capelli bianchi e una sensibilità accordata sulle più alte frequenze, in fuga dopo sessantasei anni vissuti in manicomio.
Tutti loro, più altri due amici contrabbandieri, diventano una piccola comunità, unita dall’amicizia e da un patto che comprende anche la morte. Sono le premesse (nessuno spoiler, perché ancora non sapete come arriva poi l’amore) di Piovevano uccelli della canadese Jocelyne Saucier, che esce oggi per Iperborea, casa editrice specializzata in letteratura scandinava che qui fa un’incursione nel grande nord di un’altra longitudine. Un romanzo bellissimo, in cui la scrittrice del Québec racconta la paura e insieme la fiducia ancestrale che si provano davanti all’ululato del lupo, la luce rosa negli occhi delle persone innamorate, e il grande dono di saper regnare su se stessi. “Era nella foresta che prendeva consapevolezza del suo essere, che respirava l’aria del mondo, che sentiva di appartenere alla potenza dell’universo”. Ci sono squarci sul passato, ma la narrazione procede tra grandi spazi e nel fitto della libertà: la libertà diventa parola chiave, e la vecchiaia inoltrata il suo rifugio. Un’ultima, scintillante possibilità, per alcuni persino la prima.
Jocelyne Saucier
Piovevano uccelli
(Iperborea, 252 pp., 16,50 euro)
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