Enigma Dante
La recensione del libro di Matteo Strukul, Newton Compton, 313 pp., 12 euro
"In quella battaglia memorabile e grandissima che fu Campaldino, lui giovane e bene stimato si trovò nell’armi combattendo vigorosamente nella prima schiera”. Così Bruni raccontava Dante tra i feditori a cavallo, sostenendo di avere una lettera dove il padre della letteratura volgare ricordava la “temenza molta” di quella giornata di sangue, rovesci, urla. E’ una delle singolarità assolute di Dante, essere stato non solo testimone eccezionale, ma protagonista decisivo nelle vicende della città più importante dell’Europa medievale, come se nella medesima persona si fondessero i destini di Trotsky e Solgenitsin. Molti – da Tobino a Papini – hanno provato a raccontare quanto abbia plasmato l’“io” al centro del poema che più di qualsiasi altro ambisce a esprimere “la nostra vita”, il cammino di tutti, dalla muliercule agli imperatori. Alcuni l’hanno reso detective come il Guglielmo da Baskerville di Eco o l’Aristotele di Doody. Altri –come De Wohl – l’hanno fatto appena sognare da poeti minori di lui.
Matteo Strukul, dopo oltre due cicli dedicati alla sfarzosa fioritura politica e culturale del Rinascimento, risale la corrente fino a un Duecento ricco di energie come la tensione che vibra nella terra in una giornata di marzo, e al ruolo in primo piano del giovane lirico nella vita civile e militare della fiera e turbolenta repubblica prima dello spartiacque dell’esilio. E’ il mondo di volti celeberrimi e altri quasi anonimi che poi confluiranno tutti nella grandiosa scenografia dei regni dei morti, talvolta presenti proprio perché vistosamente e dolorosamente aggirati come nel caso del “primo amico” Cavalcanti. Con un montaggio cinematografico che ticchetta teso, incontriamo assassini prezzolati, condottieri ghibellini, pittori come Giotto, il conte Ugolino, il magnifico e feroce Corso Donati, odiato “basilisco” di Firenze, la stessa consorte di Dante, Gemma, che lo ama e al tempo stesso lotta faticosamente per comprenderlo, tutti a convergere verso gli episodi più sanguinosi dei conflitti aretino-pisani. Compiobbi, Laterina, Campaldino.
Ennesimi scontri nelle eterne divisioni del bel “giardino dell’Impero”, violenze comuni ma la cui polvere e sudore, le cui meschinità e eroismi si conficcheranno negli occhi d’un uomo niente affatto comune, agitato da aspirazioni nobiliari e difficoltà economiche, sogni di grandezza e fitte epilettiche, sempre intento a cogliere oscurità infernali che divorano come fuoco, dolori che fanno spazio all’amore, lampi di gioia immortale.
Matteo Strukul
Newton Compton, 313 pp., 12 euro
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