Alcibiade

Maurizio Schoepflin

LA recensione del libro di Cinzia Bearzot, Salerno, 336 pp., 23 euro

Per avere grande successo come uomo politico ad Alcibiade (450-404 a. C.)  non mancava nulla. Aristocratico per nascita, benestante, bello, sfrontato e audace sin da bambino; spregiudicato, pronto a cambiare casacca, egocentrico, intelligente, ottimo parlatore, ambizioso, egli è considerato uno dei capi politici più famosi di tutti i tempi.

  

Il ritratto che ne fa in quest’ottima monografia Cinzia Bearzot, docente di Storia greca nell’Università Cattolica di Milano, ce lo presenta proprio nei termini sopra citati. L’autrice non intona alcun peana a questo ateniese, anzi ne segnala con chiarezza i limiti, come ad esempio il genere di rapporto che egli ebbe con la democrazia ateniese: la tradizione familiare spingeva Alcibiade ad accettare il sistema democratico, ma la sua adesione a esso appare tutt’altro che entusiastica, poiché la smisurata ambizione che lo caratterizzava mal si accordava con lo spirito egualitario proprio della democrazia. Inoltre, agli occhi di molti, la sua indole trasgressiva gli faceva assumere atteggiamenti da tiranno, e anche questo non era  coerente con gli ideali democratici.  

  

Eppure non furono pochi coloro che lo ammirarono, e ciò non senza motivo, considerate la sua straordinaria versatilità, la sua eccezionale abilità e la sua acuta intelligenza, che rifulsero anche in campo militare. Tuttavia, la vita vissuta spesso sopra le righe, l’incostanza, la contraddittorietà delle scelte non potevano essere ignorate e, dunque, egli fu pure oggetto di forti critiche.

  

Da Platone sappiamo che Alcibiade sarebbe stato tra i migliori allievi di Socrate, anzi probabilmente il migliore in assoluto, se ne avesse messo in pratica l’alta lezione etica. Ma come avrebbe potuto l’“immorale” Alcibiade vivere virtuosamente, secondo gli insegnamenti di quel grande maestro che morì per non venir meno alla propria coerenza interiore?

 

Per sintetizzare il suo ottimo lavoro, Bearzot ricorre a una citazione dalla commedia di Aristofane “Le rane”, nella quale Eschilo proferisce il seguente giudizio su Alcibiade: “Non si deve allevare in città un cucciolo di leone: ma se uno lo alleva, deve adattarsi ai suoi modi”.

   

Il celebre statista ateniese fu certamente un uomo fuori dal comune, un autentico leone della polis, capace di “dettare l’agenda politica e persino le mode alla società ateniese”, ma, come un vero leone, si dimostrò insofferente alle strette gabbie di una democrazia rispettosa delle regole e poco incline ad accettare le sue imprevedibili zampate.

    

ALCIBIADE

Cinzia Bearzot,

Salerno, 336 pp., 23 euro

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