una fogliata di libri

Rumelia

Andrea Frateff-Gianni

La recensione del libro di Patrick Leigh Fermor, Adelphi, 291 pp., 20 euro

Personaggio ai limiti del leggendario, Patrick Leigh Fermor è avvolto da una mitologia notevolissima. Proveniente da una famiglia abbiente della borghesia inglese, selvaggio e ribelle, da ragazzo fu espulso da una scuola dopo l’altra. Si narra così che, all’inizio degli anni Trenta, il padre, disperato, gli promise un regalo mastodontico – qualunque cosa avesse voluto – se fosse riuscito a terminare gli studi superiori. Il giovane scapestrato si mise di buzzo buono e, contro tutte le aspettative, riuscì nell’impresa. Quando fu il momento di riscuotere il regalo paterno, il giovane espresse il desiderio di poter raggiungere Costantinopoli a piedi e, munito solo di uno zaino da alpinista, un vecchio cappotto militare e un paio di scarponi chiodati, abbandonò Londra e attraversò l’Europa alla volta della Turchia, compiendo un viaggio formidabile, (raccontato magistralmente nella trilogia pubblicata da Adelphi, che inizia con Tempo di Regali, prosegue con Fra i boschi e l’acqua e si conclude con La strada interrotta).

  

Inizia così la leggenda di Patrick Leigh Fermor che è stato, in vita, uno degli idoli assoluti di Bruce Chatwin, ed è diventato con il tempo il punto di riferimento per manipoli di avventurieri aristofreak, che lo hanno sempre immaginato come una specie di incrocio fra Indiana Jones, James Bond e Graham Greene. Fermor, tra le altre cose, fu colpito da un’autobomba dai comunisti in Grecia, fu accoltellato in Bulgaria e successivamente inseguito dalle truppe della Wehrmacht dopo aver rapito il comandante delle forze tedesche sull’isola di Creta.

  

Visse tutta la sua lunga vita prevalentemente in Grecia, paese per il quale sviluppò un’autentica ossessione e che raccontò in due volumi, Mani e Rumelia. Quest’ultimo è stato appena pubblicato, sempre da Adelphi, in un elegantissimo  volume, la cui lettura porterà il lettore tra “il riecheggiare dei campanacci” dei pastori di Sarakatsan, tra i monasteri di Meteora e i villaggi di Krakora, tra venditori ambulanti e mendicanti che bevono raki e mangiano noci “dopo averne rotto il guscio col calcio della pistola”. 

  
Scritto con una prosa che i critici spesso hanno avvicinato per raffinatezza alla poesia, Rumelia è un libro straordinario, capace di portare altrove; un libro che narra la storia di una terra immaginaria e misteriosa che oggi non esiste più. La miglior medicina che possiate scegliere contro l’inquietudine di questi tempi.

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