Una fogliata di libri

Che grande romanzo russo è stata la vita di Leonid Cypkin

Marco Archetti

La biografia dello scrittore, morto di infarto e di disillusione a cinquantasei anni, poco dopo aver scritto il suo capolavoro Estate a Baden-Baden

Il vero grande romanzo russo sono le biografie di certi scrittori russi. Leonid Cypkin nacque a Minsk nel 1926 da due medici ebrei (madre pneumologa e padre ortopedico, arrestato nel 1934 durante il Grande Terrore e rilasciato dopo aver tentato il suicidio grazie all’intervento di un amico – gli unici influencer che siano mai serviti a qualcosa). Quando Minsk cadde in mano ai tedeschi, la famiglia fuggì all’interno di un camion di sottaceti e un anno dopo Leonid cominciò gli studi di medicina. Fu spesso sul punto di lasciarli per dedicarsi completamente alla letteratura e alla poesia ma non lo fece, e tornò a Minsk per laurearsi nel 1947. L’anno dopo sposò un’economista e nel 1950 i due ebbero il loro unico figlio, Michail. Di lì a poco si trasferirono in provincia per sfuggire alle persecuzioni antisemite di Stalin e nel 1957 fu loro permesso il trasferimento a Mosca, dove Cypkin prese parte dell’équipe che portò in Russia il vaccino contro la poliomielite. Nel suo cuore, intanto, divampavano la letteratura di Tolstoj e di Dostoevskij, mentre sulla parete del suo studio facevano mostra di sé i ritratti di Marina Cvetaeva e di Boris Pasternak. Nel 1965 Cypkin si fece coraggio e decise di mostrare a qualcuno, per la prima volta nella vita, le sue composizioni poetiche.

 

Si rivolse ad Andrei Sinjavskij, il quale venne arrestato il giorno prima del loro appuntamento. I due non si sarebbero mai più incontrati, anche per evitare inutili guai. “Mio padre non era propenso a parlare di politica, ma in famiglia si dava per scontato che il regime sovietico fosse l’incarnazione del male”, racconterà Michail. Così per il momento Leonid smise di scrivere e si dedicò unicamente a una tesi sulle colture cellulari di tessuti tripsinizzati, ricevendone una promozione e un aumento di stipendio. Ma l’astinenza non durò, e a quarant’anni passati riaprì il cassetto della scrittura: dal lunedì al venerdì usciva di casa alle sette e quarantacinque per raggiungere l’Istituto per la poliomielite e l’encefalite virale in un sobborgo della capitale, poi rientrava a casa, cenava alle sei di sera, breve sonnellino, passeggiata verso le dieci, e sotto a scrivere. “Ma gli riusciva doloroso” – commenterà il figlio – “e si tormentava su ogni parola, correggeva incessantemente. Non inviava i suoi scritti agli editori perché aveva paura di perdere il lavoro”.

 

Nel 1977 Michail ottenne un visto di uscita dall’Urss e il padre venne retrocesso al ruolo di ricercatore di primo livello, quello da cui era partito vent’anni prima. Gli tagliarono lo stipendio del 75 per cento e venne isolato. Esausto, nel 1979 chiese un visto di uscita per sé e per la moglie. Dopo due anni di attesa, richiesta respinta. Proprio in quel periodo Cypkin scrisse il suo capolavoro, “Estate a Baden-Baden” (ristampato fresco fresco da Neri Pozza), e grazie a due corrispondenti americani dell’United Press International il manoscritto uscì dal paese. Cypkin reiterò la richiesta di uscita dall’Urss. Morì sua moglie e la richiesta venne ancora respinta. Ai primi di marzo del 1982, il direttore dell’Ufficio Visti gli disse: “Il permesso di emigrare non le verrà concesso mai”. Il 15 marzo perse il lavoro. Quello stesso giorno il figlio gli annunciò che il suo libro sarebbe stato pubblicato negli Stati Uniti dalla “Novaja Gazeta”. In condizioni di miseria e a una settimana dalla notizia, mentre lavorava a una traduzione, unica attività che gli era consentita, Leonid Cypkin morì d’infarto e di disillusione a cinquantasei anni.

 

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