Una fogliata di libri

Sulle tracce di Kim

Roberto Paglialonga

La recensione del libro di Peter Hopkirk. Settecolori, 282 pp., 26 euro 

L’amore, quello vero, non sbanda di fronte alle intemperie della vita. Al più matura, evolve. Anche quello letterario, o forse soprattutto. Peter Hopkirk è stato travolto dal Kim di Rudyard Kipling a tredici anni – la stessa età del protagonista – e da quel momento non lo ha più lasciato. E sì che parliamo di uno che di esperienze ne ha fatte: “autore e avventuriero”, lo definiscono gli inglesi. Già inviato del Times, conosciuto soprattutto per Il Grande Gioco (1990), Hopkirk ha ripercorso la strada dal Pakistan all’India che Kim nel libro attraversa in compagnia di un lama tibetano incontrato a Lahore, per essere infine addestrato come spia del Raj. Ne è uscito un testo magnifico che è soprattutto un pellegrinaggio dell’anima. E per Hopkirk, scomparso nel 2014, un debito d’amore verso il caleidoscopico mondo indiano. Pubblicato nel 1996 in Gran Bretagna, Sulle tracce di Kim è arrivato solo ora in Italia grazie alla Settecolori. Che è casa editrice si direbbe d’altri tempi, elegante e battagliera, come battagliero fu il suo fondatore Pino Grillo, e com’è, oggi, suo figlio Manuel che ne ha raccolto l’eredità, destreggiandosi con le uniche armi che la cultura possieda: coraggio, imprevedibilità, ricercatezza, gusto per il bello. Nonché collaboratori appassionati, come il direttore editoriale Stenio Solinas, uno dei più raffinati giornalisti in circolazione. Hopkirk va a caccia, capitolo per capitolo, delle briciole che, come “Pollicino”, Kipling ha disseminato nella sua opera, sbrigativamente bollata come razzista e colonialista dal politically correct.

 

Come se questo bastasse a distruggerne il valore. E l’osmosi tra i due autori è così intensa che con difficoltà si distingue chi sia l’uno e chi l’altro. La varia umanità punjabi lungo la Grand Trunk Road; i resti del caravanserraglio di Lahore, dov’era di stanza il mercante di cavalli afghano e agente segreto britannico Mahbub Ali; le rievocazioni da spy story delle lotte anglo-russe in Asia nel XIX secolo. Egli vi ritrova tutto, o quasi, naturalmente cambiato dal tempo. Svelando alcuni misteri, altri lasciandoli insoluti. Come accade a chi vive di giornalismo, e instancabilmente cerca. Si torna a un’epoca d’oro, in cui chi scriveva lo faceva perché aveva viaggiato, visto e raccolto materiale sul campo. Quel gusto per il reale – e per la verità – che, nell’era 3.0, sembra scomparso. Ma che riemerge subito, non appena si abbia il coraggio di alzare il tiro. Con la curiosità e l’amore per ciò che ci circonda e merita – sì! – non solo il nostro sguardo, ma il nostro desiderio di esserci. 

 

Sulle tracce di Kim
Peter Hopkirk
Settecolori, 282 pp., 26 euro 

Di più su questi argomenti: