Una fogliata di libri
Ungenach
La recensione del libro di Thomas Bernhard. Adelphi, 98 pp., 10 euro
Alla morte del tutore, Robert torna dall’America e decide di disfarsi di Ungenach, un’immensa proprietà in Austria, disperdendola ai quattro venti attraverso una trentina di donazioni. Invece di recarsi al funerale, Robert studia le lettere e le carte lasciate dal fratello Karl, morto assassinato in Africa, e si intrattiene con il notaio Moro, in un incontro a metà fra il benevolo tono familiare e il noioso rigore professionale. La trama del breve romanzo è tutta qui. Dal punto di vista strettamente narrativo, non c’è altro, perché Thomas Bernhard non ha mai amato le storie. “Io sono un distruttore di storie”, disse di sé una volta lo scrittore austriaco, nel descrivere le caratteristiche della sua opera letteraria. Come Amras, come Stilfs, – altre ambientazioni tipiche di racconti bernhardiani – anche Ungenach è un “non luogo”, un’eredità familiare carica di simboli negativi, ricordi angosciosi, un focolaio di insuperabili nevrosi. Ungenach è descritta come “completamente deserta”, “un peso spaventoso e nient’altro”. In generale, dal dialogo fra Robert e il notaio emerge che la vita non è che “pura follia”, in cui “noi camminiamo per lunghi periodi senza testa”.
Di conseguenza “tutto mira all’annientamento e tutto merita di essere annientato”: la stessa Ungenach in primo luogo. Nella surreale conversazione – una messinscena perfetta del teatro dell’assurdo – il notaio continua a ripetere: “Ma torniamo ai fatti”, nel vano tentativo di interrompere il proprio soliloquio nevrotico e divagante. Apparentemente egli sembra rivolgersi a Robert, ma in realtà vaneggia, poiché “certi giorni diventiamo consapevoli dell’insopportabile, allora improvvisiamo, ci paralizziamo”, mentre le contraddizioni sono “un incesto perpetrato nel cervello”. Il cupio dissolvi di Robert è ovviamente stigmatizzato dall’uomo di legge, che giudica la donazione “un elemento rivoluzionario, cioè sconvolgente e distruttivo”: una ricchezza spropositata viene conferita a una pletora personaggi mediocri o infimi, alcuni dei quali detenuti nelle galere austriache. Nei romanzi di Bernhard, la natura è infame, l’uomo è un fantasma, l’esistenza è sempre qualcosa di estremo e il male di esistere è “una fatica da megalomani”. Noi percorriamo la vita portando sulle nostre spalle tutta una storia perversa. “Sempre più intollerabile per noi è il mondo – legge Robert nelle carte lasciate dal fratello Karl –. Se sopportiamo l’intollerabile è per l’attitudine di ciascuno di noi a tormentarsi e a soffrire per tutta la vita”.
Ungenach
Thomas Bernhard
Adelphi, 98 pp., 10 euro