Una Fogliata di libri
Nudità
La recensione del libro di Adolf Loss. Giometti & Antonello, 91 pp., 12 euro
C’è stato un momento in cui l’uomo ha cominciato a rifiutare lo stile moderno e ha smesso di sentirsi tale – moderno –, ricorda Adolf Loos, perché riteneva quell’atteggiamento assai povero e superficiale. A questa splendida nettezza, austera e concreta, di linea e di stile (qualcosa di simile alla fotografia della magnifica bottiglia di vetro per distillati accompagnata da quattro bicchieri, che trovate in apertura di questo Nudità, da poco edito da Giometti & Antonello), l’uomo ha finito col preferire la profondità di epoche passate. Si è così immerso nei tempi che furono, sentendosi felice come un greco, o come un simbolista medievale, scrive Loos, che data questo cruciale e dolente passaggio di gusto a fine Ottocento. Insomma, è da questo momento che iniziano i guai. Chi ha letto le mirabili pagine del suo Parole nel vuoto troverà familiare questa analisi. E vengono in mente le parole del suo amico e sodale Karl Krauss: “Adolf Loos e io, lui letteralmente, io linguisticamente, non abbiamo fatto e mostrato nient’altro se non che fra un’urna e un vaso da notte c’è una differenza e che proprio in questa differenza la civiltà ha il suo spazio. Gli altri invece, gli spiriti positivi, si dividono fra quelli che usano l’urna come vaso da notte e quelli che usano il vaso da notte come urna”.
I testi, e i frammenti che sono contenuti all’interno di questo prezioso libricino, prolungano formulazioni spesso note, come una linea di basso continuo che venisse scomposta e disseminata, fatta passare davanti a un prisma, in modo da mostrarne un aspetto inedito. Al notevole testo che dona anche il titolo al volume, un’acuta riflessione su come il concetto di “nudità” si sia modificato durante i secoli, si accompagnano altre perle: nudità e accessori; lettere a Colonnelli; un viaggio a Napoli segnato da osservazioni su tassametri e fiacre; un po’ di pittura (riflessioni su Klimt). Seccato dai suoi contemporanei, con un atteggiamento che Joseph Rykwert definiva “accentuatamente patrizio”, Adolf Loos era un sincero democratico. Nondimeno, non comprendeva il marxismo, lo considerava un’assurdità, a tal punto da rinunciare a un lavoro offertogli dal Werkbund, nel 1932. Non poteva tollerare la costruzione di ampissime cantine. “Che ci farà la gente con la cantina gigante che corre sotto tutta la superficie edilizia? Allevamenti di carpe, coltivazioni di champignon? Per un partito simile, in linea di principio, non lavoro più”.
Nudità
Adolf Loos
Giometti & Antonello, 91 pp., 12 euro
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