Una Fogliata di libri

La pietra della follia

Alessandro Mantovani

La recensione del libro di Benjamín Labatut, Adelphi, 77 pp., 5 euro

Nella filosofia contemporanea, per “retrattilità” si intende quella caratteristica del mondo e degli oggetti per cui quanto più essi vengono studiati e indagati, tanto più rivelano di sé delle parti oscure, nuove, incognite. Come rileva Benjamín Labatut, è proprio tale caratteristica a essere alla base del mondo in cui viviamo, con il quale riusciamo a interfacciarci in maniera sempre meno sicura e che mostra di sé aspetti quanto mai sinistri. Nel suo nuovo saggio, l’autore illustra infatti come a un’evoluzione tecnologica in ascesa esponenziale non corrisponde affatto un mondo più ordinato e comprensibile, ma, in maniera decisamente controintuitiva, la realtà che viviamo sembra sempre più sfuggire al nostro controllo.


Gli eventi sociali, politici e biologici che attraversano oggi uno scenario già distopico in cui teorie complottiste di ogni tipo convivono con pandemie, missioni spaziali e intelligenze artificiali in grado di elaborare calcoli imponderabili, sono per Labatut il sintomo di una più generale crisi di rapporto con la realtà: “Oggi viviamo in un incubo collettivo e paranoico nel quale non possiamo mai essere sicuri di ciò che sentiamo, ascoltiamo, diciamo e addirittura pensiamo. Non abbiamo più accesso al reale”. 

Così, è questa stessa indecifrabilità del mondo a permettere la germinazione di fenomeni oscuri che costringono la nostra psiche a tenere insieme una visione sempre più agghiacciante del reale o a crollare di fronte a essa. E però, a quest’accelerazione in grado di far crollare i pilastri su cui si sono rette finora le società non si oppone che una ragione caratterizzata da uno sfaldamento delle capacità immaginative e narrative. La perdita “di quel potere prodigioso di descrivere il mondo attraverso la parola” è poi tanto più grave in quanto non causata da un’adesione fideistica a un futuro chiaro e delineato, ma da un’assenza totale di orizzonti stabili di sopravvivenza: “E’ come se fossimo caduti preda di un processo rapidissimo dalla quasi totale imprevedibilità”, un sistema in cui alla minima variazione si verificano conseguenze immani e inaspettate.


Così, in questo interregno del reale in cui il vecchio crolla e “l’irruzione del nuovo è un processo traumatico”, è necessario rammentare alle società come i frutti velenosi della follia “si leveranno sempre dal nulla in cui la ragione relega tutto ciò che non accetta”. La sfida del futuro sarà elaborare questa irrazionalità producendo nuovi racconti a partire dalle macerie che ci circondano. 

 

Benjamín Labatut
La pietra della follia
Adelphi, 77 pp., 5 euro

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