una fogliata di libri
Lo zoo di Roma
La recensione del libro di Pascal Janovjak. Casagrande, 224 pp., 18 euro
Due storie si intrecciano ai Parioli, uno è un racconto d’amore adulto, timido ed elegante, contemporaneo, tra un architetto algerino e una responsabile marketing che aveva lavorato con Veltroni, l’altra è una storia secolare di un luogo decadente e delicato, emblema dello specismo umano, il parco zoologico di Roma, inaugurato nel 1911 e poi rebrandizzato in Bioparco. Nella prima esploriamo debolezze e paure umane camminando con i protagonisti tra i vialetti scenografici dello zoo con curiosi animali che sbucano nel buio, nella seconda seguiamo tutta l’ideazione, la costruzione, le crisi e i successi di questo luogo, eden e gabbia, orgoglio e spreco. Interessantissime le dinamiche progettuali e architettonico-paesaggistiche, tra jugendstil-faraonici, moschee a misura di Giraffa e un finto Cervino per far saltellare gli stambecchi; spese mussoliniane incredibili per allargare il parco ma “la virilità di un impero è proporzionale alle dimensioni del suo zoo: lo sanno tutti”.
E poi preziosi aneddoti e dinamiche politico-elettorali di un tempo che sembra lontanissimo: l’orso che impara a fare il saluto fascista, spettacoli etnografici con un villaggio di mongoli, elefanti assassini, animali che muoiono per il caldo o per la fame, il re Vittorio Emanuele che invia una lontra dalla sua tenuta toscana, il coccodrillo del Nilo e il leopardo delle nevi accolti dopo il bombardamento dello zoo di Genova, i rapporti con le colonie italiche, magazzini da cui far arrivare le bestie: dall’Eritrea “una mangusta egiziana, uno zibetto, due genette servaline, sciacalli, un irace abissino, un cefalofo grigio, un saltarupi, due gazzelle dalla fronte rossa, un maschio d’asino nubiano, un babbuino verde e due leopardi dell’Amur” e da Tripoli tredici orsi polari.
L’autore, Janovjak, sa raccontare con precisione questo giardino e tutto l’universo da “italietta” che ci gira intorno, anche perché non è romano, non è italiano, ma è un uomo di mondo novecentesco – nonostante sia del ’75 – mezzo slovacco e mezzo francese, nato a Basilea, che ha vissuto e insegnato a Strasburgo, a Tripoli, in Libano e Giordania prima di arrivare nella capitale, e con ritmo e chiarezza porta quest’energia analitica dello straniero curioso e studioso in quello che racconta. Di recente è uscito un altro libro ambientato al bioparco di Roma, proprio dell’ex sindaco e segretario del Pd: un commissario erpetofobico si ritrova un uomo nudo nella teca dell’anaconda. Che ci sia un revival letterario degli zoo?
Pascal Janovjak
Casagrande, 224 pp., 18 euro
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