Elaborazione grafica di Francesco Stati 

una fogliata di libri

Lo zoo di Roma

Giulio Silvano

La recensione del libro di Pascal Janovjak. Casagrande, 224 pp., 18 euro
 

Due storie si intrecciano ai Parioli, uno è un racconto d’amore adulto, timido ed elegante, contemporaneo, tra un architetto algerino e una responsabile marketing che aveva lavorato con Veltroni, l’altra è una storia secolare di un luogo decadente e delicato, emblema dello specismo umano, il parco zoologico di Roma, inaugurato nel 1911 e poi rebrandizzato in Bioparco. Nella prima esploriamo debolezze e paure umane camminando con i protagonisti tra i vialetti scenografici dello zoo con curiosi animali che sbucano nel buio, nella seconda seguiamo tutta l’ideazione, la costruzione, le crisi e i successi di questo luogo, eden e gabbia, orgoglio e spreco. Interessantissime le dinamiche progettuali e architettonico-paesaggistiche, tra jugendstil-faraonici, moschee a misura di Giraffa e un finto Cervino per far saltellare gli stambecchi; spese mussoliniane incredibili per allargare il parco ma “la virilità di un impero è proporzionale alle dimensioni del suo zoo: lo sanno tutti”. 

  

E poi preziosi aneddoti e dinamiche politico-elettorali di un tempo che sembra lontanissimo: l’orso che impara a fare il saluto fascista, spettacoli etnografici con un villaggio di mongoli, elefanti assassini, animali che muoiono per il caldo o per la fame, il re Vittorio Emanuele che invia una lontra dalla sua tenuta toscana, il coccodrillo del Nilo e il leopardo delle nevi accolti dopo il bombardamento dello zoo di Genova, i rapporti con le colonie italiche, magazzini da cui far arrivare le bestie: dall’Eritrea “una mangusta egiziana, uno zibetto, due genette servaline, sciacalli, un irace abissino, un cefalofo grigio, un saltarupi, due gazzelle dalla fronte rossa, un maschio d’asino nubiano, un babbuino verde e due leopardi dell’Amur” e da Tripoli tredici orsi polari. 

 

L’autore, Janovjak, sa raccontare con precisione questo giardino e tutto l’universo da “italietta” che ci gira intorno, anche perché non è romano, non è italiano, ma è un uomo di mondo novecentesco – nonostante sia del ’75 – mezzo slovacco e mezzo francese, nato a Basilea, che ha vissuto e insegnato a Strasburgo, a Tripoli, in Libano e Giordania prima di arrivare nella capitale, e con ritmo e chiarezza porta quest’energia analitica dello straniero curioso e studioso in quello che racconta. Di recente è uscito un altro libro ambientato al bioparco di Roma, proprio dell’ex sindaco e segretario del Pd: un commissario erpetofobico si ritrova un uomo nudo nella teca dell’anaconda. Che ci sia un revival letterario degli zoo?

 


Lo zoo di Roma

Pascal Janovjak
Casagrande, 224 pp., 18 euro

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