una fogliata di libri
Le rimanenze
La recensione del libro di Giulia Fuso, Interno Libri Edizioni, 76 pp., 11 euro
Le parole sono le linee che disegnano la geografia mediante cui l’essere umano cerca di orientare i propri passi. La parola poetica si presta a quest’impresa perpetua di produrre un mondo: essa apre orizzonti e tesse istanti, oltre la tendenza comune all’occupazione di spazio inabitabile e al consumo di tempo isterilito.
Ma c’è una dimensione ancor più fondamentale a cui la poesia può invitare e a cui, smarcandosi dalla tentazione narcisistica di far del mondo propaggine del sé, la nuova raccolta della poetessa perugina Giulia Fuso dà accesso. Le rimanenze è l’assunzione di una postura che non fa dell’io parlante il centro gravitazionale cui l’esperienza deve corrispondere; è piuttosto l’intuizione che siamo esito, felice o infelice, sempre inquieto, di un’infinita matassa di fili microscopici o di canapi robusti. Ne siamo nodo o, forse, spazio vuoto entro cui tutto dilegua. Siamo ciò che ne rimane.
La poetica di Giulia Fuso non riordina le parole nella velleitaria pretesa di incastrare il mondo entro nomenclature manipolabili e ampiamente previste. E’ un’educazione alla cura, a una conoscenza che sgorga dalla paziente attesa, dall’accoglienza dell’indefinibile singolarità. Senza confondere benevola accettazione e rassegnata conservazione. Questo significa imparare a sostenere la vertigine di un’esistenza sorprendente, imprevedibile, spesso dolorosa, e significa perfino soccombere sotto il suo peso; ma soprattutto significa fare di questo dolore non il movente per renderci livorosi, bensì ancora più attenti. Queste parole, rese innocenti rispetto a qualsivoglia gioco di forza, si alleano con gli spazi bianchi al termine di ogni verso per far segno a quegli angoli di mondo trascurati, polverosi, emarginati: possibilità inesplorate e perciò insperati motivi di vita.
Nell’inquietudine di gesti titubanti e sillabe decise, nell’enigma irrisolto di sguardi randagi e attese frustrate, l’attenzione amorevole che guida Le rimanenze è quella per le cose ultime: non nel senso del massimo sistema che permette di riunificare in un’unica formula ogni fenomeno, quanto invece nel senso del minimo quotidiano, della pluralità magnifica entro cui distribuire con parsimonia la propria presenza ingombrante. Seguendo lo sforzo di questi versi di far parlare ciò che è privo di voce, si incontra un intero mondo emotivo che si incarna in un panorama di prossimità, di oggetti avvicinabili tutti per la prima volta nella loro complessità sensuale, senza più poter dare nulla per assodato.
Le rimanenze
Giulia Fuso
Interno Libri Edizioni, 76 pp., 11 euro