una fogliata di libri
La saggezza nel sangue
La recensione del libro di Flannery O’Connor, minimum fax, 203 pp., 17 euro
Avolte Flannery O’Connor sta appostata nei suoi romanzi come una lince, pronta a balzare in tempo reale su una compiaciuta interpretazione. Uno legge il passo – tra i più iconici di questo classico – in cui Enoch si spoglia per entrare nel travestimento da gorilla e una pagina dopo viene sbugiardato dall’inciso della voce narrante: “Seppellire i suoi vestiti non era ai suoi occhi una metafora per la sepoltura del suo vecchio sé”. Leggendo la corrispondenza dell’autrice, si viene avvisati di non interpretare una storia in base a quel che si ricava da una lettera: l’opera deve stare in piedi da sé, ostendere un mistero che a ogni rilettura si approfondisce. Eppure nelle lettere, e nella nota alla seconda edizione de La saggezza nel sangue, la O’Connor ha lasciato discreti e riluttanti elementi non certo di spiegazione, ma di interpretazione autentica. Hazel Motes, cui negare il cristianesimo urge al punto da farsi a sua volta predicatore della “Chiesa senza Cristo” (la nuova chiesa in cui, per citare una delle sue fantastiche tirate, “il cieco non vede e lo zoppo non cammina e chi è morto resta morto”), e che proprio così inizia il percorso della sua grottesca santificazione, è “l’uomo ragionevole agli occhi di Dio”, il cui prototipo è Abramo.
Per questo romanzo vale quanto Nicolás Gómez Dávila ha detto sul ripetersi della storia sacra nella storia profana: nei momenti più significativi tutti i personaggi compiono o pronunciano, in modo inconsapevole e distorto, gesti e parole religiose. In Hazel è anche elaborata la convinzione dell’autrice, espressa senza mezze parole a Betty Hester, che se Gesù non era Dio allora era un “patetico ingannatore”, e “la crocifissione un atto di giustizia”.
O’Connor mette in scena l’incidente della conversione in un mondo – l’America anni Cinquanta – diventato sordo alla possibilità della fede, cui sembrano essere rimasti solo i fenomeni da baraccone. I suoi predicatori si appostano a intercettare gli spettatori all’uscita dei cinema, caverne dell’intrattenimento per cui l’autrice non doveva avere molta simpatia (a un certo punto fa passare Enoch davanti a una locandina raffigurante “un mostro enorme che ficcava una giovane donna in un inceneritore”; nel 1979 non è più tra i vivi quando dal romanzo viene tratto un film per la regia di John Huston). Perché è fuori dai cinema, nel mondo – anch’esso un palco, le cui quinte sono il firmamento – che gli uomini agiscono sotto gli occhi di Dio e dietro la sua sconcertante ispirazione.
La saggezza nel sangue
Flannery O’Connor
minimum fax, 203 pp., 17 euro