La fuga dei corpi
La recensione del libro di Andrea Gatti, Pidgin Edizioni, 380 pp., 16 euro
Una lotta votata al rifiuto di ciò che è imposto oppure la lotta di un principe che respinge i privilegi che non sente propri. Vanni e Daniel tagliano i ponti con le proprie vite, con le famiglie, gli amici comuni, e con l’università, per raggiungere Cala Bruja, una spiaggia nel deserto andaluso. Lì si è insediata una comune che promette ai corpi di spogliarsi da ogni imposizione, specie quella che comanda di ottenere una qualche forma riconosciuta di successo. Il loro viaggio è battaglia, solo a tratti illuminata dall’aiuto degli angeli, autisti di passaggio che offrono loro qualche chilometro di compagnia. Quando si fermano nelle piazze delle città, tracciano un cerchio per terra con un gesso e, protetti da quella linea chiusa, prendono congedo dalla stessa forma di vita umana: coi volti coperti, suonando e danzando con movenze ferine che testimoniano la loro lontananza da tutti e, al contempo, la fusione con qualcosa di più profondo.
Andrea Gatti tesse un intreccio narrativo a due voci, il cui alternarsi restituisce l’esperienza dell’uno e l’ostinazione dell’altro, la saggezza un po’ reale e un po’ affettata e la curiosa prossimità al mondo; ma soprattutto la fraterna, quasi simbiotica amicizia fra i due.
Sebbene indulgendo a tratti alla frusta retorica del viaggio, Gatti decostruisce il progresso tipico del romanzo di formazione invertendone la domanda centrale, proponendo una crescita personale per sottrazione, ottenuta cioè contro ogni ordine stabile, contro ogni dominio, contro una quotidianità che definisce e soffoca. Forse perfino contro una fallace idea di libertà, e in favore piuttosto di una perpetua e mai doma liberazione.
La maturazione, che spoglia i due amici strato dopo strato fino alla nudità più scabrosa, conduce a una fase in cui il cerchio che li protegge si restringe sempre più attorno ai loro corpi individuali: da esso i loro desideri personali, le pulsioni più violente esondano in maniera incontrollabile. Il medesimo linguaggio, l’intesa ferrea, forse l’amore, che avevano edificato la loro relazione si incrinano: il loro rapporto si fa presto inquietante, insinuandosi la violenza, uno strano scambio di parti e l’odio per il sé nell’altro, l’estremo rifiuto di fare i conti con la disillusione. Spogliatisi di ogni maschera, fosse anche quella cucita da loro stessi, Vanni e Daniel si confrontano con una realtà che si impone e, dall’altro lato, con uno spaesamento che disorienta, una domanda a misura di uomo e per l’uomo insopportabile.
La fuga dei corpi
Andrea Gatti
Pidgin Edizioni, 380 pp., 16 euro
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