Una fogliata di libri

Anarchia

Giulio Silvano

La recensione del libro di William Dalrymple, Adelphi, 634 pp., 34 euro

La scorsa settimana Carlo Calenda ha postato su Instagram la copertina del nuovo libro di William Dalrymple, Anarchia, appena uscito per Adelphi. Nella didascalia della foto dell’ebook il leader di Azione scrive che il libro è “leggibile come un romanzo”. Quand’è che un’opera saggistica acquista per i lettori la godibilità di un’opera di narrativa? Ci siano degli elementi soggettivi, ovviamente, ma in generale il vantaggio della fiction rispetto alla saggistica sembrerebbe essere il livello di coinvolgimento tipico di una trama di fantasia, aiutato da una scrittura scorrevole, oltre alla presenza di personaggi così inverosimili da sembrare usciti da un’opera di finzione. Ma quello che resta sottinteso, forse inconsciamente, in quel commento, è il turbamento di fronte agli eventi – storici, reali – narrati nel libro dello studioso scozzese, così sconvolgenti da dover esser digeriti come romanzeschi. 

Anarchia racconta la storia della Compagnie delle Indie Orientali, dal 1599, anno della sua fondazione, all’inizio dell’Ottocento, con dettagliate informazioni ottenute da archivi e testimonianze dirette, tra cui diari e resoconti di “scribi moghul”. C’è un focus particolare sulle persone che hanno avuto un ruolo chiave nell’evoluzione di questa primitiva start-up e nella configurazione della geopolitica moderna. Nata come società anonima per il commercio con l’oriente, in competizione con altre potenze europee – Olanda in particolare – la Compagnia, ottenuta una patente reale per “muovere guerra” da parte di Elisabetta I, inizia a operare nelle Indie utilizzando anche la forza per portare avanti i propri obiettivi. Si deve aggiungere all’avidità di molti stakeholder anche una mission civilisatrice che è il cuore del colonialismo. “A tutt’oggi rimane quasi certamente il supremo atto di violenza imprenditoriale della storia del mondo”, scrive Dalrymple. Pian piano la Compagnia smette di essere una semplice impresa mercantile che si occupa di “cotone fino, indaco e chinz”, e inizia a controllare de facto un intero territorio, assoggettando da una parte il continente indiano, dall’altra il parlamento inglese. Com’è possibile che un’azienda privata abbia avuto per secoli questo potere? Com’è possibile che un’impresa commerciale possa influenzare in questo modo i confini delle nazioni, la costruzione di imperi, la vita di milioni di individui? Un capitolo della Storia, così inverosimile da “sembrare un romanzo”, di cui ancora oggi sentiamo gli effetti. 

 

William Dalrymple
Anarchia
Adelphi, 634 pp., 34 euro

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