una fogliata di libri
Stanotte sono un'altra
La recensione del libro di Chelsea Hodson, Pidgin Edizioni, 224 pp., 15 euro
Quando Chelsea Hodson ha iniziato a scrivere i suoi saggi l’ha fatto con l’intenzione di documentare quelli che lei chiama momenti d’intensità: sensazioni del corpo a contatto con la città, con gli uomini, con l’Arizona, con la propria paura e i propri desideri per, partendo appunto dal corpo, passare poi a una dimensione lirica e meditativa. “Il camion non mi ricordava me stessa perché nessuno sa come sarà la propria vita finché non arriva, io ero sul precipizio ma non ero ancora caduta, stavo facendo tanta strada per stare qui con te, ed ero sull’orlo della rovina”, dice ripensando a un incidente visto su un’autostrada in mezzo al deserto poche ore prima.
La rovina è l’amore quando lo desideriamo senza poterlo avere perché lo cerchiamo nelle persone sbagliate. E’ l’assenza di denaro, che ci costringe a scegliere quanti pasti consumare (due o uno?), e a trovare il tempo scartavetrandolo dai giorni per poter scrivere, in mezzo a quattro lavori part time. Siamo noi quando non ci consideriamo degni del futuro che vorremmo. Stanotte sono un’altra di Chelsea Hodson, pubblicato dalla casa editrice napoletana Pidgin Edizioni (e tradotto in maniera commovente dalla giovanissima Sara Verdecchia), è tutto questo ed è altro nell’altro: è un concentrato di bellezza e anarchia, come l’ha definito Claudia Durastanti.
Un libro del genere sarebbe possibile in Italia, nel senso di: scritto da un autore italiano? Viene da dire di no, o almeno non ancora, perché malgrado la tradizione maestosa, regale, talvolta per fortuna anche bizzarra e divertente e sperimentale della nostra letteratura, un simile sperimentare con la parola, i frammenti di pensiero, la carne, l’arte performativa che si fonde alla scrittura, visto da qui appare come una cosa venuta dalla luna. Spesso l’America è stata sinonimo di luna, e anche in questo, ovvero nelle forme più contemporanee dello scrivere e intendere la vita, il sé, e l’arte, ha molto da insegnarci: tutto può essere performance artistica, come quando Chelsea Hodson si mise a catalogare ogni cosa che possedeva, si fece una foto accanto a ciascun oggetto, e dopo mesi di inventario concluse l’esperimento con una lettura ininterrotta di sette ore dell’intero elenco. Un’autoficion che diventa magia, per il semplice fatto che non si può dare altro nome a quel particolare farci vedere che tutto, volendo, può essere trasformato in uno strumento d’arte. Basta avere la mente giusta, vivere in quella mente e da lì far scaturire bellezza e permettere ad altri di fruirne. Sembra facile: non lo è. Perciò lascia incantati.
Stanotte sono un’altra
Chelsea Hodson
Pidgin Edizioni, 224 pp., 15 euro
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