Meccanica dello spirito
La recensione del libro di Walther Rathenau, Aragno, 280 pp., 20 euro
Nel centenario della morte di Walther Rathenau, il ministro degli Esteri della Repubblica di Weimar, assassinato a Berlino il 24 giugno 1922 da due fanatici nazionalisti, esce per la prima volta in Italia questo suo trattato filosofico, a cura di Vincenzo Pinto. A dispetto delle circostanze della morte, Rathenau non fu affatto un “politico”, ma molto di più. Fu innanzitutto un grande economista e imprenditore, a capo fra le altre cose del colosso energetico Aeg, fondato dal padre; ma fu soprattutto un visionario, un pensatore poliedrico e originalissimo, nel panorama culturale europeo del primo Novecento.
Colto, ricchissimo, di origine ebraica, solo nel 1920 Rathenau aderisce al Partito democratico tedesco; ben prima, alla viglia della guerra, pubblica questo libro, somma delle sue riflessioni filosofiche ed esistenziali. “La prosa di Rathenau è talora ridondante, ma particolarmente forbita; per certi versi, rappresenta uno strano ircocervo tra un componimento poetico e un saggio scientifico”, scrive Pinto nell’introduzione. Meccanica dello spirito è la storia romanzata e tragica dell’anima, nel corso del cammino umano. Con questo termine (Seele) l’autore intende quella parte dello spirito vivente e presente nel mondo, ciò che permette all’uomo di adempiere alla sua fatica terrena.
La prima sezione del volume (Evoluzione dello spirito vissuto) è dedicata alla nascita del sentimento: “Noi siamo quello che siamo perché custodiamo la memoria dei nostri progenitori”. In questa parte, Rathenau descrive con lo sguardo acuto del moralista lo sfacelo della società di massa di inizio secolo. Nella seconda parte (Evoluzione dello spirito visibile) l’autore manifesta apertamente la sua propensione per un idealismo spiritualistico e visionario. Nel terzo e ultimo capitolo (Evoluzione dello spirito pratico) Rathenau parte dall’etica – “L’unico imperativo categorico ammissibile è: prenditi cura della tua anima” – per poi passare all’estetica, analizzando il sentimento della natura e dell’arte, sua massima espressione. “Solo l’arte germanica è stata in grado di divenire autenticamente personale e trascendente, come dimostrano i suoi quattro ‘evangelisti’ Shakespeare, Rembrandt, Bach e Goethe”.
Una curiosità: il più noto critico del pensiero filosofico di Rathenau fu Robert Musil, che dedicò a Meccanica dello Spirito forse la più importante recensione ricevuta dal libro. Proprio a Rathenau sarebbe ispirato il personaggio di Paul Arnheim, che Musil nel suo capolavoro contrappone a Ulrich, decadente intellettuale razionalista e uomo “senza qualità”.
Meccanica dello spirito
Walther Rathenau
Aragno, 280 pp., 20 euro