una fogliata di libri

Gli Effinger

Gaia Montanaro

La recensione del libro di Gabriele Tergit, Einaudi, 920 pp., 24 euro

Paul si domandò se sarebbe mai stato di nuovo felice come allora, quand’era un ragazzino e, sdraiato per terra a pancia in giù, guardava dal bosco i rapidi annotando i numeri delle locomotive”. Parte da qui, da quando Paul Effinger ha diciassette anni – nel 1878 – la saga della sua famiglia di ebrei tedeschi, orologiai mossi dalla forza propulsiva dell’ascesa sociale. Il destino degli Effinger si intreccia per sempre a quello di un’altra famiglia berlinese, a loro speculare. I Goldschmidt sono una dinastia benestante, manifesto di una borghesia raffinata e industrializzata.

 

L’unione tra queste due famiglie – incontro fra ebrei tedeschi assimilati – si dipanerà in settant’anni di storia, tenendo insieme eventi epocali come le guerre mondiali, la Rivoluzione russa e la riforma monetaria. La prospettiva principale di questo imponente racconto, magistrale nell’equilibrio e nella scorrevolezza, è quello di Paul, uno dei figli del capostipite Effinger, che decide di fondare una fabbrica di automobili – con alterne fortune – insieme a suo fratello Karl. Attorno a questo nucleo originario si dipanano le storie corali di tutti gli altri membri della grande famiglia, ciascuno a suo modo interprete di un’istanza che la modernità porta con sé e i cui destini appaiono indissolubilmente legati. C’è infatti un filo inscindibile che raccorda le quattro generazioni di ebrei raccontati in questa saga, un invisibile passaggio di testimone tra le generazioni che beneficiano delle conquiste fatte da quelle precedenti e tentano di progredire.

 

Nonostante la Storia, anche solo con le persecuzioni antisemite, continui a deviare le loro aspettative e l’orizzonte delle loro esistenze. Sullo sfondo c’è la città di Berlino, crocevia di destini e di possibilità fino a quando l’avvento di Hitler sospenderà in modo dirimente le vite degli Effinger, fatte di ritualità mondana, riviste alla moda e salotti culturali. “Berlino non era la porta di Brandeburgo, non erano i tigli – Berlino era questa: diciotto cavalli che portavano una locomotiva alla ferrovia. Ancora non erano nati i poeti che avrebbero cantato la melodia della nuova epoca, ma Paul la sentiva”. La saga degli Effinger è un racconto maestoso, in cui la storia dei singoli è legata a doppio filo alla grande Storia, in una ricchezza contenutistica che va dalla fine capacità descrittiva degli ambienti al tratteggio di personaggi profondi e cangianti. Gabriele Tergit – pseudonimo dell’ebrea berlinese Elise Hirschmann – restituisce un affresco storico, economico e sociale di grande valore, tenendo insieme il particolare e l’Universale. E’ una sinfonia.  
    

Gli Effinger
Gabriele Tergit
Einaudi, 920 pp., 24 euro

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