una fogliata di libri
Cittadino Cane
La recensione del libro di Giordano Meacci, Industria & Letteratura, 84 pp., 12 euro
Ciò che può essere più spaventoso di una catastrofe è l’idea che nulla cambi mai. E l’Italia del futuro prossimo, nell’ultimo racconto lungo di Giordano Meacci, sembra continuare a seguire un inarrestabile declino politico di cui Carlo Cane è sensazionale e brillante paradigma. La vicenda del “cittadino” Cane si snoda attraverso la biografia del personaggio il quale – ci informa un capitoletto scritto a mo’ di “scheda provvisoria dell’Enciclopedia Treccani” – nato in Toscana alla fine degli anni Sessanta, sarà attore della politica per i primi quarant’anni del Duemila.
Attraverso governi Meloni, transizioni guidate da Roberto Fico, un novantenne Berlusconi presidente della Repubblica e molti altri avvicendamenti, Cane si conquista le simpatie delle destre sostenendo azioni come la privatizzazione dell’acqua potabile e intessendo relazioni ambiguamente a cavallo tra pubblico e privato, con Putin, in qualità di consigliere informale, oppure con qualche emiro di cui si è trovato a difendere le azioni criminali.
E però di Carlo Cane Meacci non si limita a narrare le vicende politiche, muovendosi su direttrici molteplici e illuminando ogni piano della vita del personaggio attraverso una struttura del testo che si presenta frammentata ed esplosa. La costruzione del racconto infatti non segue un criterio cronologico né tematico. Politica, infanzia, vita sentimentale, la malattia mortale, non solo vengono presentati alla rinfusa, mescolandosi come istantanee di un album fotografico costruito rigorosamente senza un criterio, ma sono illustrati come tratti da una varietà di fonti. Per riferire del suo personaggio infatti l’autore si inventa pagine web di Treccani o Wikipedia, l’autobiografia ufficiale, verbali della polizia, articoli di giornale finanche estratti di una piéce teatrale su Putin, inframezzati da una narrazione più regolare dedicata in particolare a momenti privati della vita di Cane.
Senza mai sbilanciarsi nell’essere indulgente, evitando toni di accusa o di assoluzione, Meacci costruisce una sorta di dossier da cui il personaggio acquisisce una screziatura variopinta che rivela come la sua meschinità si coniughi e allo stesso tempo sia il prodotto di turbamenti e manie personali, specchio di paranoie e proiezione di simulacri, come quelli che Cane confessa al presidente Berlusconi nel vuoto della villa di Arcore: “Io ho paura delle parole morte. Quelle fisse, quelle decise per sempre, ecco, ma soprattutto ho paura che rileggendole, risentendole, cambino”. (Alessandro Mantovani)
Cittadino Cane
Giordano Meacci
Industria & Letteratura, 84 pp., 12 euro
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