una fogliata di libri
Quando alle donne alle viene affidata la gestione del Male
Qual è il rapporto tra la Madre e il Male, tra l’essere qualcuno e il non poter diventare qualcos’altro? Del tema si fa portavoce “Mia sorella”, esordio sorprendente di Fosca Salmaso (il Saggiatore)
Siamo arrivati al punto in cui la convinzione è che per diventare letteratura qualcosa debba essere raccontato sovvertendo i punti di vista, cambiando la prospettiva e facendola ruotare. Abbiamo necessità di trovare cose nuove, agganci invisibili che, ci sembra, fino a quel momento abbiamo ignorato; non è così.
Esistono cose che non possono essere modificate, che resistono alla volontà umana di scavalcarle, cancellarle, nasconderle, e che, proprio per questo, continuano a far parte della materia letteraria: non esauriscono la loro forza, in qualunque modo venga narrata. La loro persistenza è dovuta al fatto che un termine ultimo, nella loro narrazione, non c’è. Non verrà mai il momento in cui potremo dire: ecco, s’è detto tutto, questa cosa ormai non ci fa più paura.
Una di queste “cose” è il rapporto col materno. Non la semplice analisi della relazione madre-figlio/a; mi riferisco al rapporto tra la Madre e il Male, tra l’essere qualcuno e il non poter diventare qualcos’altro.
Di questo grande tema si fa portavoce un esordio sorprendente, “Mia sorella” di Fosca Salmaso (Il Saggiatore), che in un colpo solo, accogliendo la trama in una struttura complessa e dal forte significato allegorico, tocca i punti cruciali del ribaltamento dei tòpoi moderni: il sacrificio del ruolo materno, la ricerca dell’identità, la stretta connessione con il male.
Tutto accade dopo la morte della gemella di Alice, protagonista e voce narrante. Matilde viene a mancare in seguito a un incidente in mare e la madre, dopo la perdita della figlia – quella che ha partorito per prima, la preferita – non riesce a riprendersi. La cerca in ogni luogo, dentro qualsiasi sfumatura, e a nulla vale la presenza dell’altra gemella, che la accudisce senza sosta; Alice non è Matilde, lei è soltanto la sopravvissuta. Ed ecco quindi che si affaccia il primo problema, quello dell’identità: Alice, nel momento in cui è la Madre a rifiutarla, a ricordarle ogni giorno che non è la prescelta, diventa semplicemente “l’altra”: l’altra figlia, l’altra sorella, l’altra famiglia, quella sbagliata. Perde il ruolo e perde anche la percezione della realtà.
Il potere di renderla un nulla, invisibile, è affidato a tre donne: la madre, appunto, la gemella morta – la cui assenza si fa cuore vivo e pulsante – ed Egle, la compagna di classe che durante il periodo della tempesta vivrà segregata in casa con Alice e sua madre. Egle è la copia esatta di Matilde, nei gesti e nei comportamenti, e sarà lei – avvolta dall’ombra implacabile della morte – a sottrarle definitivamente l’unico bene inviolabile: l’amore materno.
Il fatto che alle donne venga affidata la gestione del Male è un problema che da sempre riguarda l’identità stessa della donna, ma che oggi più di ieri si palesa nel nostro panorama letterario attraverso narrazioni dirette e particolarmente oscure. Sebbene quello di Salmaso sia un esordio dagli echi classici, in cui si rispecchiano la migliore tradizione gotica così come la sfrontatezza di Shirley Jackson, resta da dire che la triade “Identità, Maternità, Male” appartiene al mondo contemporaneo. La madre non è solo colei che mette al mondo ma che immette nel mondo, e in quanto tale detiene il poter di togliere dal mondo; se il punto di partenza è proprio lei, la Madre, quello di arrivo è l’inferno dell’insoluto, l’offuscamento del ruolo, la mancanza di consistenza della nostra identità. Il vuoto.
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