Le ultime ore di Ludwig Pollak
La recensione del libro di Hans von Trotha, Sellerio, 188 pp., 14 euro
Dopo aver felicemente esordito nella narrativa con il suo romanzo “asburgico” edito nel 2013, Hans von Trotha è tornato a dedicarsi recentemente alla forma lunga raccontando la vicenda di Ludwig Pollak – un celebre archeologo, collezionista e mercante d’arte vissuto tra il 1868 e il 1943 – che, nei primi anni del Novecento, aveva saputo individuare il braccio mancante del famosissimo gruppo scultoreo del Laocoonte: una storia, quella dello studioso, che offre all’autore la possibilità di descrivere efficacemente come, durante il secolo scorso, i valori sostenuti dalla cultura europea siano stati costretti a fronteggiare la minaccia costituita dall’ideologia nazista, il cui progetto di sterminio sarebbe stato perseguito con feroce risolutezza.
Entrando nel merito della narrazione va messo appunto in rilievo che Pollak, essendo di origine ebraica e trovandosi a Roma nell’autunno del 1943, rischia di essere deportato: un’eventualità che le gerarchie vaticane cercano di scongiurare inviando presso di lui K., un insegnante tedesco residente nella Santa Sede, perché lo convinca a mettersi in salvo. L’archeologo non appare però intenzionato ad avvalersi dell’opportunità che gli viene offerta: sembra invece più propenso a divagare, a parlare di sé e della sua esistenza, nella convinzione che ricordare sia fondamentale, alla luce dell’imminente inabissarsi del suo mondo. Sostiene egli al riguardo: “Dobbiamo rendere testimonianza. E’ importante raccontare le nostre storie, è importante trasmetterle ai posteri”.
Con la sua esposizione Pollak tocca dunque vari argomenti, che ne rispecchiano del resto gli interessi e le passioni: dalla scultura alla musica, dai tanti musei e palazzi visitati alle città predilette, dalle epoche studiate alle amicizie coltivate, dalla letteratura all’identità ebraica fino all’adesione al sionismo. Una narrazione, la sua, che non può tuttavia ignorare come la condizione degli israeliti presenti nel Vecchio continente sia andata deteriorandosi rapidamente e come egli stesso – malgrado l’eccellenza della sua erudizione – sia stato in sostanza espulso dalla comunità degli studi.
Grazie alla scorrevolezza della prosa, il racconto di von Trotha procede in maniera avvincente. Centrale, nel suo contesto, si rivela inoltre il ruolo svolto da Roma, che vi assurge al rango di vera e propria protagonista non limitandosi a essere una città ma il simbolo di un’idea, l’emblema cioè della grandezza. Per questo, afferma Pollak, “tutti coloro che si sentono grandi desiderano passare alla storia come fondatori di Roma, fondatori di una nuova Roma, la Roma del loro tempo”. E qualora l’Urbe ostacolasse i loro piani, la distruggerebbero in modo da poterla riedificare.
Le ultime ore di Ludwig Pollak
Hans von Trotha
Sellerio, 188 pp., 14 euro
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