Il grande pescatore
La recensione del libro di Lloyd C. Douglas, Itaca, 640 pp., 21 euro
È l’incontro con chi ti dà del “tu”. Anche senza conoscerti, anzi: proprio perché ti conosce da sempre. Questa è l’amicizia con Cristo. Simone non può ancora saperlo, quando in riva al lago di Tiberiade viene chiamato “per nome”, perché abituato a considerare come unica frontiera ragionevole solo la possibilità o l’impossibilità umana, non la grazia divina. Infinita per definizione. E la chiamata, quando arriva, esige una risposta. Perché mette in gioco la vita. “Ho bisogno di te. Seguimi!”.
Il Grande Pescatore di Lloyd C. Douglas, uscito in lingua inglese nel 1949 e ora ripubblicato da Itaca come sequel di un altro suo grande classico, La tunica, da cui nel 1953 venne tratto il film con Richard Burton, racconta il percorso – verrebbe quasi da dire il pellegrinaggio – che condurrà Simone a diventare Pietro, capo dell’Ecclesia. Andrea, Giacomo, Giovanni a essere apostoli. Mencio, proconsole romano, filosofo e uomo colto, a ricevere il dono dello Spirito Santo. Giairo, notabile di Cafarnao, a convertirsi dopo la guarigione della figlia Sharon. E così molti altri, “uomini d’ogni tipo”, a credere in quell’uomo che parlava come nessuno mai aveva fatto prima. Di libertà e felicità.
Il libro ha la forza di un diesel: parte piano ma diventa sempre più avvolgente e coinvolgente, fino al climax finale. E – a dispetto del sottotitolo – non è solo il romanzo di Pietro, è una storia corale, com’è il cristianesimo, nella quale spiccano e si intrecciano le figure del grande pescatore, certo, che lavora, ama, tradisce, è uno di noi; e poi di Fara, giovane donna mezza araba e mezza ebrea, frutto dell’infelice matrimonio tra la principessa Arnon e Antipa, figlio di Erode, che partirà per la Galilea per uccidere il padre stolto e fedifrago, e vendicare la madre abbandonata e la patria tradita, l’Arabia. Un viaggio al destino, quello di Pietro e Fara, verso la scoperta dell’“io” autentico, che non censura nulla di sé. Un viaggio a tratti epico, che solo una letteratura dal respiro universale riesce a regalare, sprofondando chi legge in una storia che è la storia di tutti. Perché è la storia del mondo. O meglio, dello scandalo con cui ogni uomo è costretto a fare i conti da oltre duemila anni: la croce. La vera rivoluzione.
“Seguire Gesù non è facile”, dice più volte Pietro. Perché o Gesù è il Figlio di Dio o è un pazzo. Non ci sono vie di mezzo. Il resto è un imbroglio. E non ci sono meriti nell’essere scelti, ma solo un disegno: realizzare l’opera di un Altro. Anche a costo della vita. Sì, una cosa “incredibile”. Ma si può rischiare di rinunciare alla felicità?
Il grande pescatore
Lloyd C. Douglas
Itaca, 640 pp., 21 euro
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