una fogliata di libri

Corpus in a tongue

Francesca Pellas

La recensione del libro di Vera Linder, Arcipelago Itaca, 124 pp., 17 euro

La lingua è tutto fuorché una cosa stabile: bisogna tenerlo a mente, quando ci dicono che le lingue nazionali non vanno contaminate, che i termini stranieri per le cose di ogni giorno non andrebbero usati. E’ necessario capire che non si va da nessuna parte senza creazione e movimento. E lo strumento più importante che ci è stato dato per far accadere l’una e l’altra cosa sono le parole. Una lingua è fatta per essere usata, per giocarci, sperimentare, per vedere fin dove, volendo, si può aprire il reale se lo si esplora spostando i limiti del vocabolario. Prendere un idioma, mettere in un altro. Creare parole nuove, che prima non esistevano, ma che siccome noi siamo noi e non qualcun altro, diventano reali perché le chiamiamo in esistenza.

 

A rendere possibile la sperimentazione, da sempre, ci pensa la poesia: un genere ibrido e fatato che non segue le regole degli umani, ma quelle più ampie del cosmo e del suono. E poeta è, senz’altro, Vera Linder, veneziana, traduttrice e lavoratrice dell’editoria (si occupa di diritti esteri per Feltrinelli e ha tradotto, tra gli altri, John Freeman per La Nave di Teseo), che debutta con la sua prima raccolta: Corpus in a tongue, pubblicata dal piccolo editore indipendente Arcipelago Itaca. Anche questa è una scelta di campo: Linder avrebbe potuto andare da una grande casa editrice, invece ha deciso di fare la sua rivoluzione personale. È nell’editoria indipendente, infatti, che si costruisce la libertà di creare. E Corpus in a tongue questo fa. Sono poesie potenti, scritte mescolando l’italiano e l’inglese, o inventando quando serve parole in più. La poesia è lingua, e la lingua è corpo. Il corpo, poi, è il dono che abbiamo per vivere il reale.

 

“I used to love showers until they were different, entering and feeling all of you on me, entering and opening my palm like I could make the drops fly backwards into the shower head. I used to love showers until I started stretching my hands hoping to form your face out of the stream, hoping to strangle you into nonexistence”.

 

La citazione la lasciamo com’è, in inglese e non tradotta, perché questa è la sfida che si e ci pone Linder, che da anni, ogni estate, studia alla Jack Kerouac School of Disembodied Poetics della Naropa University di Boulder. Un’università buddista e leggendaria in Colorado, dove negli anni 70 Allen Ginsberg e Anne Waldman (che firma la prefazione di questo libro, e di Linder è amica e mentore) fondarono la scuola di poesia. Corpus in a tongue è una raccolta da leggere per bearsi del mistero della lingua e del corpo: vi farà sentire la fortuna di essere su questo pianeta come esseri dotati di parola, e quanta potenza c’è nella lingua, e quant’è bello, con la lingua, osare.

  

Corpus in a tongue
Vera Linder 
Arcipelago Itaca, 124 pp., 17 euro

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