Una fogliata di libri

Uomini senz'arte

Giuseppe Perconte Licatese

La recensione del libro di Wyndham Lewis, Neri Pozza, 205 pp., 22 euro

Leggenda vuole che il primo editore che se lo trovò davanti ebbe l’impressione di avere a che fare con “un cospiratore o un mugiko, o le due cose insieme”. Lo racconta Stelio Solinas nella sua bella, e in Italia quasi isolata, biografia intellettuale di Wyndham Lewis (1882-1957), uscita qualche anno fa per i tipi di Neri Pozza, che ora propone una raccolta di scritti di Lewis per la cura di Aridea Fezzi Price, che ha tradotto – affrontandone le peculiari difficoltà sintattiche e lessicali – e prefato il testo. Lewis è stato un poliedrico scrittore di fiction e saggistica e – le due vocazioni stavano sullo stesso piano – un prolifico pittore modernista (suo è il ritratto di T.S. Eliot in copertina).

 

Se i suoi quadri hanno trovato duraturo riconoscimento, i suoi romanzi non attecchirono mai presso il grande pubblico dei lettori. Ma Lewis – personalità che attrasse l’attenzione di lettori molto diversi tra loro come Mario Praz (che lo paragonò a Giovanni Papini), Marshall McLuhan, Flannery O’Connor e Carl Schmitt – scelse per sé, prima di tutto, il ruolo di trickster della società letteraria britannica, esercitando la propria acribia e ironia di critico letterario sui mostri sacri suoi contemporanei. I testi raccolti in Uomini senz’arte sono studi, in effetti stroncature, dedicate a Joyce, Hemingway, Faulkner, T.S. Eliot e Virginia Woolf, condotte con vigore analitico e accumulo a tratti defatigante di prove. Lewis scriveva per combattere quella che gli appariva una “tirannica ortodossia alla rovescia” di criteri artistici che andavano imponendosi sulla scena.

 

Non tutti reagirono con l’imbarazzo e con l’oltraggio: Eliot elogiò la caratura della sua prosa e scrisse che c’era vitale bisogno di critici come lui, “franco e spietato anche con gli amici”. In questo libro, come negli altri di Lewis, è costante la sottotraccia del tema politico – l’ordine e la libertà individuale, la rivoluzione sessuale, la pace e la guerra – che, pur essendo da ricavare dagli incisi e dalle digressioni, non è mai qualcosa di secondario o di slegato dalla teoria dell’arte. “There’s Wyndham Lewis fuming out of sight / that lonely old volcano of the Right”: sono versi di W.H. Auden ed era una destra forse anarchica, quella di Lewis, ostile all’astrattismo come all’indottrinamento delle masse da parte dei leader. A ogni modo, il suo sarebbe un ulteriore caso da meditare anche per il paradosso che “le estetiche moderniste sono state inventate da scrittori reazionari” (Nicolás Gómez Dávila). 

 

Uomini senz’arte
Wyndham Lewis
Neri Pozza, 205 pp., 22 euro

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