una fogliata di libri

Il Brigante

Francesco Musolino

La recensione del libro di Giuseppe Berto, Neri Pozza, 336 pp., 19 euro

Quando Il brigante giunse sugli scaffali per la prima volta, correva l’anno 1951 e Giuseppe Berto era già un autore noto e apprezzato grazie a Il cielo è rosso e Le opere di Dio, scritti durante l’isolamento del campo di prigionia di Hereford e pubblicati tra il 1947 e il 1948.

 

Ma il suo spartiacque artistico, il romanzo che gli conferì una visibilità internazionale fu proprio Il brigante, tanto che nel 1961 Renato Castellani ne trasse un adattamento cinematografico che ebbe grande fortuna con Adelmo Di Fraia nel ruolo del protagonista.

 

Riproposto da Neri Pozza (che ne sta pubblicando tutte le opere) in una versione pregevole, corredata da una ampia postfazione firmata da Gabriele Pedullà, con il suo terzo romanzo Berto ci porta nella Calabria aspra della Seconda guerra mondiale, scegliendo uno sfondo selvaggio e inospitale per narrare una storia d’avventura, amore e morte. 

 

Uno spunto di cronaca nera ha ispirato Berto per costruire la vicenda di Michele Renda, un giovane reduce di guerra che, tornato nel villaggio natio tra i monti della Calabria, viene ingiustamente accusato di omicidio e si dà alla latitanza, diventando un brigante. Un taglio neorealista di grande impatto empatico fra le traversie di Renda e le difficoltà della propria terra, narrando un inferno in terra che lascia il protagonista senza alcun margine di scelta.

 

A ben vedere, Renda viene narrato come un uomo “indissolubilmente legato al mondo arcaico dell’odio, del tradimento, della vendetta” e questo romanzo è il crocevia perfetto per poi approdare al suo capolavoro – Il Male oscuro – ritrovandovi un eroe estraneo al contesto in cui si muove, in bilico fra bene e male, come se stesse danzando sul crinale del proprio destino fra salvezza e condanna, redenzione e perdizione. 

 

La voce narrante è quella di un ragazzo alle soglie della pubertà, Nino Salvaglio, ma l’entrata in scena di Renda – avvolto in un mantello, con un atteggiamento di superiorità apparente – rompe l’impasse del paese, quell’irredimibilità della vita rurale, prigioniera di un tempo colloso in cui nulla sembra destinato a mutare. E così, quando un uomo viene assassinato, Michele Renda paga il fatto di essere percepito estraneo dalla comunità e benché il reduce sia un uomo fiducioso nelle leggi e la stessa voce narrante creda ciecamente nella sua innocenza, egli è costretto a darsi alla macchia, per salvarsi la vita. 

  

Il Brigante
Giuseppe Berto
Neri Pozza, 336 pp., 19 euro

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