Ragazze di città

Gaia Montanaro

Elin Wägner, HarperCollins, 176 pp., 15 euro

"Può esserci sul serio qualcos’altro, oltre alla solita vecchia canzone con un nuovo titolo?”. Parla di emancipazione, femminismo, voglia di riscatto e indipendenza la nuova canzone che cantano Elizabeth (detta Pegg), Eva, Baby ed Emmy, quattro ragazze nel fiore degli anni che, nella Stoccolma di inizio Novecento, perseguono i propri obiettivi personali grazie al lavoro. La banda di Norrtull – dal nome del quartiere svedese dove le ragazze convivono – si è trovata a doversi cimentare con il lavoro di segretaria per motivi diversi ma ciascuna di loro vede in quell’occasione un viatico di riscatto ed emancipazione. Elizabeth, voce narrante del libro, ha un figlio di nome Putte da mantenere e comincia a lavorare come tesoriera e addetta alla corrispondenza presso un giudice distrettuale. Deve sopportare, come le altre coinquiline, qualche sopruso maschilista e un clima spesso ostile ma grazie al suo carattere volitivo e a un pizzico di ironia dissacrante le avversità da superarsi vengono relativizzate e affrontate. “Emmy, in quanto membro più anziano della Banda, dovrebbe rappresentare l’Esperienza. Ma non credo che conosca molto della vita. La somma di tutto ciò che ha imparato, l’ha presentata in un quadretto ricamato a punto Gobelin su fondo verde scuro, appeso sopra il suo letto. Vi si legge un laconico: Impara a soffrire senza lamentarti!”. Le segretarie svedesi non rinunciano certo ai loro usi e costumi, alla loro sensibilità femminile per trovare uno spazio negli uffici dominati dagli uomini. Non abdicano alla loro personalità, a volte naïf a volte più tradizionale, per compiacere qualcuno. Anzi, proprio attraverso la loro specificità riescono a trovare un loro spazio di espressione, seppur tra mille difficoltà. “Sopra una grande e magnifica ottomana, comprata grazie a diversi mesi di rinunce alle cose essenziali, è appesa una scritta con le parole: gli uomini non devono, per nessun motivo, prendere posto sul divano delle signore”. Tutt’intorno c’è la ricchezza del design degli anni Dieci, la bellezza degli interni, le atmosfere castigate ma impreziosite da dettagli cangianti. Anche la città di Stoccolma è restituita come cosa viva, sfondo perfetto per un racconto che lambisce temi dell’oggi epurandoli dall’ideologia. E mettendo in luce quelle contraddizioni che rendono avventuroso essere donna. “E’ tutto molto bello, certo, ma io ho la mia libertà! Eppure, nel profondo del mio cuore la detestavo, come fanno tutte le donne che siano donne, quando ce l’hanno”.  

 

Ragazze di città
Elin Wägner
HarperCollins, 176 pp., 15 euro