una fogliata di libri
Bucarest. Polvere e sangue
La recensione del libro di Margo Rejmer, Keller, 300 pp., 18,50 euro
Le storie che raccontano solo sofferenza non hanno alcun valore. Perché raccontarle?”. Sembra partire da questo orizzonte anti sensibilista Margo Rejmer, autrice di Bucarest. Polvere e sangue, il reportage narrativo sulla Romania prima durante e dopo Nicolae Ceaușescu scritta al vivo come un diario di viaggio – l’autrice è polacca. Ne nasce un racconto sull’ellissi che provocano, anche dopo anni, dolore e risentimento immobilizzati nel bisogno di una nuova rimasticazione e digestione che li renda davvero esemplari prima che scatti il tabù della storia. Dov’è che tutto inizia? Nella corsa sfrenata all’autorappresentazione della fastosa Casa del Popolo o nell’oblio di un cimitero dove il leader politico giace per contrappasso nell’anonimato? Rejmer ricostruisce nel dettaglio la vita dell’ex presidente partito dalla campagna con la vocazione (forse, anche la rimozione) di dare al paese una forte spinta all’urbanizzazione. Poi quella dei detenuti politici nelle carceri modello (negativo) dell’ex paese comunista, del risparmio energetico imposto insieme alle pressanti politiche dell’incremento delle nascite (i cosiddetti “figli del decreto”) con il contraltare della ricerca disperata e suicida di aborti illegali. Eppure, prima di tutto questo, c’erano stati i 150 anni molto influenti di occupazione dell’Impero romano – da qui il nome e la parentela linguistica – e poi una Bucarest capitale del cosmopolitismo a forte vocazione parigina.
Oggi c’è un paese che ancora domanda a se stesso se la sognata Grande Romania non sia piuttosto quella ormai fuori sede degli expat, mentre quella attuale è un cantiere sospeso un istante prima del redde rationem tra il dacio Decebalo e il romano Traiano. Un fermo immagine paradossalmente molto attuale anche nella memoria storica oltre che nell’heritage. C’è poi, come in tutte le storie di stupida nostalgia, chi in questa impasse ancora glorifica l’èra del “martire” Ceaușescu, ma è solo il frutto tardivo dell’incompiuta trasformazione, appunto. Nel volume, Bucarest è raccontata anche visivamente, come una passeggiata tra le opere del regime che hanno giustapposto i casamenti soviet del quartiere Berceni (soprannominato dai suoi contadini inurbati per il lavoro in fabbrica ZZM – Zotici Zingari Moldavi) alle ville moderniste, rimbalzando il cortocircuito della storia all’architettura. Margo Rejmer ha il merito di andare oltre le risposte scontate con un metodo immersivo che ha già prodotto un non ancora tradotto viaggio in Albania.
Bucarest. Polvere e sangue
Margo Rejmer
Keller, 300 pp., 18,50 euro
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