Grafica di Enrico Cicchetti 

una fogliata di libri

Margot Ruddock, la pazza che accese il lume spento Yeats

Daniele Mencarelli

Tradotta per la prima volta in italiano “Vita, l’assalto” (Magog editore) a cura di Fabrizia Sabatini e Davide Brullo. La ennesima dimostrazione che l’arte arriva alla sua misura solo quando è totale, ma c’è chi non regge il peso

Girano ancora dei pazzi, più correttamente innamorati, che spendono il proprio tempo e averi a costruire luoghi dove accogliere la poesia.


Editori incoscienti, consapevoli che quel gesto non porterà le uniche cose che valgono in questo presente seccato, povero di parole: la visibilità, e ovviamente il denaro. 

 
Pubblicare un libro di poesia è uno dei modi certi per non avere né l’uno né l’altro. 


Eppure, nascono. Perché la poesia è come l’edera, una pianta che ti cresce addosso, se la fai attecchire non si staccherà da te mai più. 


Spesso, è grazie a questi piccoli grandi editori che si scoprono meraviglie, magari mai giunte nel nostro paese e nella nostra lingua.


L’editore si chiama Magog, i responsabili sono Fabrizia Sabatini e Davide Brullo. Il poeta in questione, la poetessa per la precisione, è Margot Ruddock. Il libro si intitola “Vita, l’assalto”.


Tradotta per la prima volta in italiano, anche la traduzione è a cura dei due editori, la Ruddock rientra appieno nella categoria ultima, quella dei poeti che oltrepassano la linea della ragione per finire divorati dalla follia. 


La sua storia, umana e artistica, si scontra con quella di un grande del Novecento: William B. Yeats. Lei nata nel 1907, incontra nel 1934 lo scrittore a Rapallo, appena uscito da un periodo di impotenza artistica e fisica. Lui ha 69 anni ed è celebrato da tutti, anche dal Nobel, lei appena ventisette, bellissima e dal talento esplosivo quanto fragile. 


Yeats è ammirato dalla sua vitalità, in qualche modo ne attinge per ravvivare la sua, senza immaginare che diventerà l’ultima goccia, quella decisiva, che farà implodere la psiche della giovane artista.


Nata nel 1907, ricordata anche per la sua attività di attrice, Margot Ruddock troverà in Yeats il grande maestro che da venerato si farà amante, metterà in crisi il suo secondo matrimonio per lui, brucia tutto di lei dentro questo rapporto, per lei centrale, essenziale, per lui semplicemente una delle tante storie, flirt, di questa sua seconda giovinezza a settant’anni. Per lui è fonte d’ispirazione, per lei è l’inizio della fine. 


La relazione dura una manciata di mesi, lui la interrompe come ne ha interrotte tante altre, senza sapere che questo porterà ad estreme conseguenze.

 
Nel 1936, la Ruddock si trova a Barcellona, è maggio, primavera inoltrata, ma dentro di lei non basta, ha una crisi, si getta da una finestra. Per fortuna resta in vita, ha modo di tornare in Inghilterra grazie ai soldi di un’amica. Appena arrivata nel paese natio si chiude in una clinica.  Da quel momento, inizia per lei un calvario di crisi, povertà, l’andirivieni da una clinica all’altra, sino alla morte, nel 1951, a quarantaquattro anni.  Yeats, chissà per obbedienza a quale sentimento, certamente non l’amore quanto, semmai, il senso di colpa, sarà il prefatore dell’unico libro di poesie da lei pubblicato: “The lemon three”, nel 1934. La raccolta arriverà in Italia e colpirà al cuore una nostra poetessa, dal cuore non meno in fiamme: Cristina Campo.


In Vita, l’assalto, i due editori-curatori mettono assieme tutta la produzione poetica della Ruddock oltra a una selezione del lungo epistolario tra lei e Yeats.

  
Ancora, se ce ne fosse bisogno, la dimostrazione che l’arte arriva alla sua misura solo quando è totale, ma c’è chi non regge il peso, chi si innalza fino all’estasi per poi sprofondare nel buio. Come Margot Ruddock, lei e la sua bellezza, il talento visionario oltre il limite ultimo della ragione.


Come stridono certe vicende con la letteratura contemporanea, così composta, ordinaria. In realtà semplicemente mediocre.
 

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